Resistenze sull'abbattimento dei lupi. Conferenza Stato-Regioni per decidere
Lazio, Puglia e Friuli Venezia Giulia sono contrarie e anche il Veneto non è convinto. Continua la battaglia delle associazioni ambientaliste
Il 2 febbraio è alle porte. Domani è in programma la Conferenza Stato-Regioni dove si discuterà il nuovo piano di conservazione dei lupi. Piano contestatissimo dalle associazioni ambientaliste perché introdurrebbe l'abbattimento selezionato dei lupi.
Lndc, Enpa, Lac, Lav e Lipu domani a Roma accoglieranno i presidenti delle Regioni e il ministro per gli affari regionali consegnando loro l’ultimo appello in favore della bocciatura al piano. Appello già raccolto dai presidenti di Lazio, Puglia e Friuli Venezia Giulia. E anche la Regione Veneto pare non sia del tutto a favore del provvedimento.
"I lupi fanno i lupi e le esperienze di pacifica convivenza non mancano - affermano le associazioni - Le Regioni non devono perdere l'occasione di questa votazione per garantire una decisione che sia pienamente rispettosa degli equilibri naturali, non violenta, dalla parte dell’ambiente e dei cittadini".
Contro il piano si è espresso anche Stefano Spinetti, presidente delle guide ambientali escursionistiche italiane (Aigae). "È vero che la ricolonizzazione di aree rurali da parte del lupo può costituire un problema per gli allevatori e i cacciatori, ma l’Aigae è comunque fortemente contraria alla concessione di deroghe alle norme che proteggono la specie", ha detto Spinetti.
"Concedere alle Regioni la possibilità di abbattere alcuni esemplari, anche se a certe condizioni, al solo scopo di assecondare le istanze di una parte del mondo agricolo e venatorio, non solo è inaccettabile da un punto di vista di conservazione della specie ma è pericoloso anche per l'economia degli allevatori - ha continuato Spinetti - Diversi recenti studi internazionali, condotti in aree dove il lupo è cacciato, confermano che uccidere degli esemplari può comportare per i sopravvissuti, oltre alla destrutturazione del branco a cui appartengono, anche la perdita della capacità di predare in gruppo la fauna selvatica, specie il cinghiale, con conseguente rischio di aumento degli attacchi alla fauna domestica".