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Cda Veronafiere maschile plurale, Moretti: «Schiaffo alla contemporaneità». Sboarina: «Mio partito l'unico con leader donna»

«La nomina di soli uomini a chi parla, quali messaggi manda ai giovani, alle donne, alla classe dirigente diffusa di una città che si immagina come porta italiana dell’Europa?», chiede retoricamente l'on. Alessandra Moretti

«Il rinnovo delle cariche di Veronafiere dove quindici posti sono andati ad altrettanti uomini secondo una logica di spartizione da antico regime tradisce l’insicurezza della destra rispetto al futuro e sono uno schiaffo alla contemporaneità». Lo dichiara l'on. Alessandra Moretti, europarlamentare veneta del Pd. La stessa Alessandra Moretti prosegue affermando che «non si fanno nomine così importanti a meno di un mese dalle elezioni amministrative», aggiungendo quindi una domanda provocatoria: «La nomina di soli uomini a chi parla, quali messaggi manda ai giovani, alle donne, alla classe dirigente diffusa di una città che si immagina come porta italiana dell’Europa?». Dinanzi a tale scenario, l'on. Moretti chiosa con un augurio: «Auspico che la società civile, l’università, le associazioni giovanili facciano sentire forte la loro voce su questo tema: non è solo una questione di genere, qui vengono intaccate la libertà, le relazioni sociali, persino l’economia di Verona, in definitiva il suo futuro».

Dal canto suo il sindaco scaligero Federico Sboarina si è difeso ripetutamente dalle accuse di fatto rilanciandole nell'altra metà del campo: «Lorenzo Guerini, Andrea Orlando e Dario Franceschini, nel governo Draghi il Pd ha scelto tre maschi, il centrodestra tre donne: Mariastella Gelmini, Erika Stefani e Mara Carfagna», così si è espresso il primo cittadino scaligero che aveva già sintetizzato al riguardo il suo pensiero: «Direi che le quote rosa sono un problema più a sinistra che a destra, solo che il Pd è senza vergogna e ci costruisce addirittura una inutile polemica elettorale sul nuovo Cda di Veronafiere. A sinistra ne parlano ma non le applicano, anche in Comune hanno fatto uguale. Negli anni scorsi, senza i riflettori delle campagne elettorali, il partito ha indicato solo maschi per le nomine di molte aziende partecipate comunali, per il vicepresidente del Consiglio comunale e il capogruppo».

Naturalmente il sindaco di Verona, ormai saldamente ancorato in Fratelli d'Italia, ha quindi evidenziato come «il mio partito è l’unico in Italia ad avere una donna come leader, in FdI la parità di genere non è solo di facciata, così come a Veronafiere dove molti ruoli chiave ai livelli apicali sono occupati da donne». In conclusione Sboarina ha aggiunto: «Direi che se la sinistra e i suoi sodali volevano trovare un argomento da campagna elettorale, lo hanno fatto gettando inutile fango su uno degli asset strategici dell’economia veronese».

Sempre in merito all’«esclusione delle donne negli organismi della Fiera» è tornato a parlare colui da cui la polemica aveva originato, ovvero l'on. del Pd Gianni Dal Moro, dichiarando di essere tutt'altro che soddisfatto delle spiegazioni e repliche fornite dall'amministrazione comunale: «Si è sostenuto, come elemento assolutorio del Comune di Verona, - commenta l'on. Dal Moro - che anche i soci privati non avrebbero ravvisato alcun "vulnus" nella decisione di escluderle dalle nomine in Fiera. Desidero ribadire con forza che il Comune di Verona socio privato non è. Si sostiene infine che la professionalità delle donne è "una cosa" mentre le quote rosa sono "altra cosa". Di questa norma si può fare spallucce quanto si vuole, - afferma sempre l'on. del Pd Gianni Dal Moro - ma a questa norma si è ricorsi proprio per impedire l’esclusione permanente e reiterata delle donne dai centri vitali nelle amministrazioni e negli enti pubblici. Per questo trovo irricevibile che si affermi con sicurezza che Veronafiere, non essendo a controllo pubblico, non ha l’obbligo di rispettare le quote rosa. Ripeto: forse Veronafiere no, ma il Comune sì. Ed ho dubbi anche su Veronafiere, la cui natura di Ente pubblico viene utilizzata nello stipulare direttamente accordi con ministeri ed enti in molte rassegne», ha concluso l'on dem Gianni Dal Moro.

Le nuove nomine tutte al maschile fatte dall'assemblea del Cda di Veronafiere, che il sindaco di Verona ha tenuto a specificare «non sono state 14 ma 7», vengono poi direttamete citate anche dalla consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle Erika Baldin, intervenuta in queste ore in merito alle discriminazioni che, anche in Veneto, le donne, spesso proprio nel mondo del lavoro, si trovano a dover subire: «Il dato è impressionante, - sentenzia Erika Baldin - 54 grandi aziende su 100 in Veneto non vedono donne nelle posizioni rilevanti. Ed è giusto il dibattito che è scaturito dal caso del Cda 100 per cento maschile di Veronafiere. La parità di genere è ancora lontana, non solo ai vertici aziendali».

La consigliera regionale del MoVimento 5 Stelle Erika Baldin ha poi aggiunto: «Se guardiamo alla politica veneta, il panorama non migliora di molto. In Consiglio regionale, dove fino alla passata legislatura le donne erano il 10 per cento, oggi siamo 18 su 51: solo il 35 per cento, nonostante la doppia preferenza di genere. In Giunta, dove i componenti sono nominati da Zaia, la percentuale è ancora più bassa: 3 donne su 9, il 33 per cento. In questo caso la politica è davvero lo specchio della società, dove il divario uomo-donna resta ancora ampio se guardiamo ai salari. Secondo Eurostat, la differenza è del 3,7% nel pubblico e del 20,7% nel privato (più di un quinto di stipendio in meno!). Il gender pay gap ha un costo sociale non solo in termini di equità, ma impatta anche sul Pil: la stima è di 8 punti percentuali persi ogni anno. Per questo, - conclude Erika Baldin - è necessario proseguire il percorso intrapreso con l'approvazione della Legge statale per la parità salariale, promossa dal MoVimento 5 Stelle, che punta a incentivare il lavoro femminile e a contrastare le discriminazioni, salariali e non solo, nei luoghi di lavoro».

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