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Bigon non è più vicesegretaria del PD veronese. «Ma resto nel partito»

La consigliera regionale non lascia il Partito Democratico, nonostante il segretario Bonfante abbia espresso il «venir meno del rapporto di fiducia politica» dopo il voto di astensione di Bigon sul fine vita

Il suo partito l'ha messa sostanzialmente sotto processo, ma lei non ne vuole uscire ed attende fiduciosa il 5 febbraio. Sarà nel pomeriggio di quel lunedì che la direzione provinciale del Partito Democratico di Verona si riunirà e prenderà una decisione su Anna Maria Bigon, a cui intanto è stata revocata la carica di vicesegretaria del PD veronese.

«L'ho saputo con una mail», ha dichiarato Bigon, riferendosi alla revoca decisa dal segretario Franco Bonfante. Una decisione presa da Bonfante in totale autonomia. «Non voglio coinvolgere nessun altro dell'esecutivo, della direzione o del partito al quale eventualmente risponderò della decisione nelle sedi ed organi competenti», ha dichiarato il segretario del PD di Verona, comunicando la revoca dell'incarico ad Anna Maria Bigon. Revoca motivata dal «venir meno del rapporto di fiducia politica» e «tenuto conto del generale sentimento degli iscritti e degli elettori del PD veronese».

Il rapporto di fiducia è venuto meno per il voto espresso dalla consigliera regionale Anna Maria Bigon sulla proposta di legge di iniziativa popolare che avrebbe regolamentato tempi e modalità sul fine vita. Anna Maria Bigon si è astenuta, mentre tutti gli altri consiglieri del PD hanno votato a favore. La proposta non è passata per un voto e la colpa del mancato via libera è ricaduta su Bigon, la quale però non si sente in difetto. «Con il mio voto sono stata all'interno di quelli che sono i principi del PD - ha detto Bigon ad Ansa - Non vedo di cosa dovrei pentirmi. Non potevo far altro che esercitare la mia scelta».

All'interno del PD e di altri partiti alleati ai dem, Bigon avrebbe potuto non votare e in questo modo la proposta di legge appoggiata dal suo partito sarebbe passata. Con il suo voto di astensione, invece, Bigon ha perso la fiducia di molti appartenenti al PD e per questo il 5 febbraio la direzione della sezione provinciale del partito si riunirà per decidere quali provvedimenti adottare. «Se mi butteranno fuori ne prenderò atto - ha detto Bigon -. Ma se il PD mettesse in discussione i miei incarichi sarebbe una sanzione bella e buona. Senza motivo. A meno che non venga messa in discussione la pluralità nel partito».

Intanto, però, Bigon non è più vicesegretaria del PD di Verona. «Ne ho preso atto - ha commentato la consigliera regionale - ma continuerò a lavorare nel Partito Democratico, il luogo dove deve essere garantito il pluralismo delle diverse sensibilità. Un arricchimento insostituibile della vita del partito. Continuo ad avere fiducia nel confronto e nel dialogo e rivendico il diritto alla coerenza della scelta fatta che era legata alla disponibilità o meno, per tutti, delle cure palliative».

Bigon dunque non polemizza con la scelta del segretario Bonfante e ritiene che le responsabilità sullo stop alla proposta di legge sul fine vite siano da cercare nel centrodestra. «La responsabilità di quanto è avvenuto in consiglio regionale non ricade su di un singolo voto dell'opposizione, ma sulla maggioranza che ha visto una frattura verticale al suo interno. Come PD dovremmo parlare dei 25 voti mancati a Zaia, più che della mia astensione».

Eppure, gli alleati del PD continuano ad accusare la consigliera Bigon. «Non ci sono giustificazioni di coscienza - ha sostenuto il segretario provinciale Psi di Verona Umberto Toffalini - Stento a credere che il motivo sia la libertà di coscienza, perché bastava non partecipare al voto».

Mentre alcuni consiglieri regionali di centrodestra difendono Bigon e parlano di «ipocrisia del Partito Democratico». Il consigliere di Forza Italia Alberto Bozza ed il consigliere del gruppo misto Stefano Valdegamberi hanno espresso solidarietà alla collega del PD. «Fa impressione vedere un partito che si definisce, già dal nome, democratico, punire una sua esponente per aver votato secondo coscienza su un tema etico - ha dichiarato Bozza - Lo stesso PD aveva indicato ai suoi la libertà di coscienza sul voto, pertanto non si capisce ora perché punire la Bigon, a meno che, viene da pensare, l’indicazione di votare secondo coscienza non nascondesse un certo tasso di ipocrisia». E Valdegamberi ha aggiunto: «Trovo contraddittorio che un partito da una parte pretenda di fare battaglie per la libertà individuale e dall’altra inveisca contro la libertà individuale e di coscienza di un suo consigliere regionale».

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