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Cronaca Cologna Veneta

Vi spiego perché la stretta sui Pfas auspicata dalla Regione Veneto è una foglia di fico

Mentre Rai tre torna ad accendere i riflettori nazionali sul più grande caso di contaminazione da derivati del fluoro al mondo che interessa in primis il Nordest, la risoluzione votata a palazzo Ferro Fini per un bando agli inquinanti eterni è già condannata ad essere un pannicello caldo pre-elettorale

Lunedì alle 21.20 Presa diretta, il popolare programma di Rai tre condotto da Riccardo Iacona ed incentrato sul giornalismo d'inchiesta, ha in scaletta un approfondimento dedicato all'annoso tema dell'inquinamento da derivati del fluoro («i temutissimi Pfas») che da anni ammorba il Veneto centrale tra Veronese, Vicentino e Padovano. La puntata sarà l'occasione per la Tv di Stato per fare il punto della situazione rispetto ad un caso, deflagrato a Trissino nell'Ovest vicentino in relazione all'affaire Miteni, poi sfociato in un maxi processo tutt'ora in corso al tribunale della città del Palladio.

La vicenda peraltro acquisisce per l'ennesima volta la ribalta nazionale dopo che pochi giorni fa il Consiglio regionale del Veneto, all'unanimità, ha votato una risoluzione caldeggiata dalla rete ecologista («Mamme no Pfas» tra gli altri), in cui si appoggiano le richieste del fronte che chiede la messa al bando dei Pfas. Come spiega l'assessore regionale all'ambiente Giampaolo Bottacin, quella uscita da palazzo Ferro Fini, è una novità di un certo peso che va accolta con favore: proprio perché l'ente regionale, almeno in termini generali, si impegna a scommettere su un futuro «a zero Pfas».

La risoluzione votata dalla Regione Veneto a palazzo Ferro Fini però, in termini generali lodevolissima, stante le premesse di scenario, si rivelerà una foglia di fico utile solo a tenere buona l'opinione pubblica in vista delle prossime scadenze elettorali: a partire dalle europee e poi dalle regionali. Il motivo? De facto la risoluzione non è che una generica raccomandazione agli enti regolatori superiori (Unione europea in primis) per una stretta su queste sostanze. Ma l'atto di indirizzo nulla dice su cosa enti locali, la stessa Regione Veneto e lo Stato italiano possono già fare per cominciare a dare corpo ad una stretta effettiva su queste sostanze.

Già oggi infatti i comuni e la Regione potrebbero intervenire nerborutamente sulle norme urbanistiche (in primis sulle norme tecniche di attuazione dei piani regolatori) obbligando le aziende a fornire ogni tipo di dettaglio sulle produzioni in corso. Ancora, diverse lavorazioni e diverse produzioni potrebbero patire una forte compressione semplicemente facendo leva ancora sulle norme urbanistiche: il che vale per ogni sostanza tossica, non solo per i Pfas.

Amministrazioni comunali e Regione Veneto però da questo lato non ci sentono perché non hanno intenzione di entrare in urto col comparto industriale. La stessa antifona veneziana vale ancor più a Roma per Camera e Senato. I quali in qualsiasi momento, senza aspettare l'Ue, possono bandire i Pfas in gran parte se non in toto. Anche questo aspetto però da anni, indipendentemente da quali siano le maggioranze, viene ipocritamente lasciato da parte pur essendo una delle architravi del problema.

Sullo sfondo infatti, come un moloch poco visibile, ma ben conosciuto agli addetti ai lavori, rimane il complesso militare-industriale. Il quale all'oggi è il principale antagonista rispetto ad ogni possibilità di cambiamento. Si tratta di un vero e proprio tabù: non solo per la politica, che in parte accampa alcune ovvie ragioni legate al comparto difesa, ma pure per la maggioranza dei gruppi ambientalisti.

Nell'estate del 2023 il Pentagono, senza fare troppo clamore, ha messo le mani avanti su ogni ipotesi restrittiva nei confronti dei Pfas. Vicenzatoday.it peraltro aveva dedicato all'argomento una lunga inchiesta che ha portato alla luce alcuni importanti attrezzi che il soft power di Washington ha nel suo strumentario: e che non si fa scrupolo di usare alla bisogna.

Sarà un caso, oppure no, ma sta di fatto che dall'estate scorsa (dopo un 2022 molto più scoppiettante) anche il fronte ecologista, o quanto meno una larga parte di questo, ha deciso di abbassare le aspettative e di indirizzare il grosso della protesta verso altri lidi. Ovviamente in termini strategici quanto vale per Usa, Occidente, Nato ed Europa, vale anche per altri imperi e potenze regionali variamente assortiti come Cina, Russia, India e via dicendo.

L'altro tabù, che riguarda l'inquinamento generato dalla trissinese Miteni ma non solo, ha a che fare col dossier bonifica. L'ex sito produttivo della valle dell'Agno, la società è fallita per di più, è dato per perduto negli ambienti che contano: «una sorta di Marghera pedemontana irredimibile», come ogni altro sito in cui l'inquinamento è sistemico.

Poi c'è il tema della pervasività di queste molecole. Fino a quando non si smetterà di produrle e fino a quando la tecnologia non fornirà una metodica fattibile su ampia scala per la loro eliminazione, l'unica opzione oggi praticata è quella di produrli, lavorarli, impiegarli e poi sparpagliarli negli habitat in modi più o meno leciti: proprio perché queste sostanze, progettate per essere pressoché inscindibili, stanno assolvendo al loro compito «maledettamente bene».

Che poi siano arcitossiche e in alcuni casi pure cancerogene questo è un danno collaterale di rilievo, ma che attualmente non può essere preso come elemento tale da mettere in discussione «obiettivi critici» come dicono i militari. Per capire se veramente sia praticabile un'altra strada serve uno sforzo non solo politico.

Parafrasando Friedrich Nietzsche serve il coraggio necessario a guardarsi dentro l'abisso: ovvero al convitato di pietra del modello di sviluppo che il globo ha abbracciato. La punta di lancia di questo rinnovamento, a parole invocato un po' da tutti, è o sarebbe proprio il fronte ecologista. Quest'ultimo però nel caso di specie non è coeso. E non ha ancora capito quanto sia disposto a mettere in discussione: a partire dagli interessi «partigualari» e di bottega presenti, a livello sociale, in ogni tessuto interstiziale.

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