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Cronaca Cologna Veneta

Inchiesta Miteni bis: pandemonio dopo l'archiviazione

Il provvedimento del giudice delle indagini preliminari berico che non ha rilevato sufficienti evidenze tra la esposizione dei lavoratori della industria chimica ai derivati del fluoro e le patologie riscontrate negli anni scatena la reazione della sinistra e del fronte ecologista: frattanto anche nel Bassanese si moltiplicano le ansie per la ventilata presenza di uno o più siti contaminati dai Pfas

L'archiviazione del fascicolo penale per le lesioni da esposizione ai Pfas patite dai lavoratori della Miteni decisa il 18 ottobre dal Gip vicentino Roberto Venditti sta scatenando un pandemonio. Il segretario vicentino di Rifondazione comunista Roberto Fogagnoli e la responsabile per le politiche ambientali di Sinistra europea Elena Mazzoni hanno sparato a palle incatenate su Borgo Berga. Quella archiviazione, si legge in una nota di fuoco diramata venerdì 20 ottobre «è un regalo allo multinazionali». A sostegno degli ex dipendenti intervengono anche le «Mamme no Pfas».

L'intervista a Caldiroli, a Cordiano e la bordata notturna

Questo ultimo coordinamento ecologista in un dispaccio diffuso sabato poco dopo la mezzanotte ha manifestato la propria solidarietà con i lavoratori, li ha invitati a proseguire nella propria battaglia e ha chiesto a gran voce alla procura della repubblica di Vicenza di riaprire il caso alla luce delle più recenti scoperte scientifiche. Le quali lungi dal negare una correlazione tra la esposizione ai derivati del fluoro, Pfas (nel caso di specie prodotti dalla Miteni di Trissino, ditta oggi fallita e finita al centro di un processo penale parallelo a quello che ha interessato i lavoratori) ed eventuali patologie hanno richiamato le recenti scoperte scientifiche in questo senso.

Le stesse scoperte erano state oggetto peraltro anche dell'udienza di giovedì a Borgo Berga. Questa sincronia ha esacerbato ancor più gli animi. Sull'argomento della tossicità dei Pfas e sulle pratiche finalizzate al contenimento mancato della contaminazione peraltro sono intervenute anche Medicina democratica (col presidente nazionale Marco Caldiroli) e Isde - Medici per l'ambiente (col presidente della sezione veneta Vincenzo Cordiano entrambi le associazioni sono parte civile nel processo) con una presa di posizione molto netta anche davanti alle telecamere di Vicenzatoday.it. La contaminazione addebitata negli anni alla Miteni peraltro è considerata la più vasta al mondo. Riguarda una platea potenziale di 350mila persone distribuite tra Veronese, Vicentino e Padovano. Per di più anche l'associazione ambientalista arzignanese Cillsa nelle ultime ore ha preso duramente posizione dopo la decisione del gip Venditti.

Una «coltre» addebitata alla «magistratura»

Ad ogni buon conto in queste ore le bordate più devastanti sono state quelle della sinistra. «Un gesto di grave mancanza di considerazioni verso chi, oltre ad aver perso il lavoro, si trova la propria salute compromessa dalle sostanze perfluoroalchiliche la cui nocività non è più negabile. Le lavoratrici ed i lavoratori Miteni - attaccano Fogagnoli e Mazzoni - hanno il diritto di sapere in termini precisi le cause che hanno determinato il loro attuale stato di salute e l'alterazione dei loro valori ematici: senza ombre o sentenze a priori, ma con la chiarezza e la trasparenza che si confà alle istituzioni in uno stato di diritto. Dopo anni di pronunciamenti di tutti gli enti sanitari e di ricerca sulla pericolosità dei Pfas, la coltre che oggi ha messo la magistratura sugli effetti dell'attività della multinazionale mina per l'ennesima volta la credibilità delle istituzioni di fronte a tutta la cittadinanza; in un quadro che vede il Paese, ed il Veneto in maniera particolare, teatro di una continua strage in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro». In estrema sintesi il Gip Venditti non avrebbe rilevato (ma la materia è assai dibattuta) sufficienti evidenze tra la esposizione dei lavoratori della industria chimica ai derivati del fluoro e le patologie riscontrate negli anni dai dipendenti dello stabilimento trissinese.

La città del ponte il «dossier scottante»

Parole pesantissime che si collocano in quadro di tensione che proviene anche da sotto il pelo dell'acqua. Da giorni infatti a palazzo Ferro Fini circolano voci di un carteggio agli atti o della Regione Veneto o di Arpav. In quei documenti sarebbe stata riportata la presenza di Pfas sia di vecchia generazione che di nuova in elevatissime concentrazioni in uno o più siti sensibili della città del ponte o dell'hinterland del Bassanese. La cosa avrebbe allarmato così tanto alcuni funzionari che si sarebbe deciso «di secretare» o quanto meno di tenere «al riparo da sguardi occhiuti» quel riscontro rispetto al quale sarebbe già partita una operazione di ricerca da parte di alcuni consiglieri regionali che da giorni sarebbero sulle tracce di quello che viene definito a tutti gli effetti «un dossier scottante».

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