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Agsm-Aim e Compago, respinto ricorso del collegio sindacale. PD: «Ora si dimetta»

Il collegio dei sindaci aveva segnalato «gravi irregolarità», ma per il tribunale delle imprese queste presunte irregolarità non sono più attuali. E per il PD, quell'esposto è stato un'azione «più politica che aziendale»

È arrivata una sentenza sull'intricata operazione tra Agsm-Aim e Compago. Una sentenza ufficiale, anche se probabilmente inutile a sciogliere tutti i nodi legati a quella vicenda.

La multiutility gestita dai Comuni di Verona e Vicenza aveva prima acquisito e poi fatto saltare l'acquisto di una quota dell'azienda milanese Compago. Un affare incompiuto che ha portato ad una valanga di polemiche e conseguenze, tra cui la sostituzione dell'allora presidente Stefano Casali con Federico Testa.
E tra le varie ripercussioni generate da questa operazione c'è stata anche al presentazione di un esposto da parte del collegio dei sindaci di Agsm-Aim al tribunale delle imprese di Venezia. In base a questo esposto, ci sarebbero state «gravi irregolarità nell'adempimento dei doveri» da parte degli amministratori di Agsm-Aim e in particolare da parte del consigliere delegato Stefano Quaglino.

Nei giorni scorsi, il tribunale delle imprese si è espresso su questo esposto, respingendo il ricorso del collegio sindacale. Secondo i giudici, le presunte irregolarità segnalate non sarebbero più attuali e che il consiglio di amministrazione di Agsm-Aim si sarebbe mosso correttamente nella gestione dell'affare Compago.

Una sentenza che viene letta anche in chiave politica dal Partito Democratico. Il segretario provinciale e la segretaria cittadina del PD di Verona, Franco Bonfante e Alessia Rotta, hanno commentato: «Il tribunale delle imprese ha confermato la limpidezza e la correttezza dell’operato dei vertici Agsm-Aim. Esprimiamo la soddisfazione per la risoluzione dell’ennesimo nodo che è stato di ostacolo all’attività dell’azienda. D'altra parte non possiamo nascondere il disappunto per un'azione del tutto irrituale e atipica da parte di un organo di garanzia che di solito si esprime con delle osservazioni lasciando i ricorsi a casi estremamente gravi e conclamati. Il fatto, invece, che il tribunale abbia ritenuto destituite di fondamento le accuse o i sospetti, conferma la convinzione che la natura dell’azione fosse più politica che aziendale. Di fronte al fallimento dell’azione intrapresa, pensiamo pertanto che i promotori dovrebbero trarne le dovute conseguenze rassegnando le dimissioni».

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