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Veneto, politica da laboratorio

Se il Pd si svegliasse dal torpore e ne approfittasse?

E se il Partito democratico si svegliasse dal suo torpore infinito e scoprisse che forse sarebbe il caso di approfittarne? A Verona, lo sappiamo bene, alle amministrative del 2002 Paolo Zanotto inondò la città di palloncini arancione perchè Michela Sironi voltò le spalle alla maggioranza che l’aveva appoggiata per due mandati e si accordò con il centrosinistra.

In quei giorni non ci fu un solo giornale nazionale che non parlò di “laboratorio politico veronese”: come per spiegare quella strana alchimia che aveva portato proprio il centrosinistra a vincere le elezioni e a conquistare la maggioranza a palazzo Barbieri nonostante i numeri, se contati uno per uno, fossero decisamente a favore del centrodestra.

Ecco, Giancarlo Galan a questo punto rischia di essere per il Veneto quello che Michela Sironi fu per Verona. Certo, mettersi assieme a Galan per il Pd è decisamente troppo, nonostante prima Piero Fassino e poi Massimo Cacciari abbiano dato una piccola spintarella in quella direzione. Ma allearsi proprio con l’avversario numero uno meriterebbe ben più di un naso tappato, e quindici (!) anni di opposizione dimenticati in un baleno andrebbero in qualche modo spiegati.

E qui diventerebbe davvero difficile. Ma forse il Pd ha davanti anche un’altra strada: ingranare la marcia giusta proprio mentre gli altri bucano le gomme. E che il pilota sia Bersani, o Franceschini, o Marino, magari il Partito democratico potrebbe dimenticare per un attimo il suo peccato originale e le guerre interne, per scendere con i piedi sulla terra e accorgersi che la realtà è fatta di ben altro. E che se c’è una minima possibilità di approfittare, per una volta, delle debolezze altrui, forse sarebbe il caso di provarci. Non si sa mai.
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