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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Cos ha ucciso i genitori, i soldi non gli bastavano

Il figlio 46enne confessa dopo tre giorni. Era esasperato dal padre malato e dai debiti

Una confessione: “Sono stato io”, arrivata dopo dieci ore di interrogatorio. Prove schiaccianti sul banco del pm modenese, Angela Sighicelli, portate dai carabinieri di Peschiera e dal Ris di Parma. A uccidere i coniugi Enzo Bellarosa, 75 anni, e Francesca De Benedetti, 76, di Carpi è stato il figlio 46enne Davide. “Il giallo del lago” è stato risolto in 24 ore. Ha strangolato entrambi i genitori, nel garage della casa di via Ragazzi del ’99, ha guidato fino a Peschiera percorrendo cento chilometri e li ha gettati nel lago di Garda.

Un omicidio “efferato” nato a Carpi, nel Modenese, tra le mura domestiche di una famiglia pressata dai disturbi mentali del figlio e dalla malattia del padre. Aveva l’alzheimer, Enzo, agricoltore in pensione. E il figlio, che usava abitualmente psicofarmaci, non ne poteva più di accudirlo assieme alla madre, casalinga, con la quale aveva continue discussioni per i soldi. Non gli bastavano né quelli del suo stipendio da operaio specializzato in una fabbrica di porte e infissi, circa 1300 euro, né le pensioni dei genitori di circa 1400 euro. Ai coniugi anziani il denaro serviva appena per pagare le medicine e le spese di casa. Ma il figlio aveva bisogno di soldi e non si faceva mancare nulla. Si era indebitato con alcune finanziarie per alcuni prestiti.

Una questione economica, secondo i militari, sarebbe stato quindi il movente principale del duplice omicidio, che potrebbe anche essere confermata dalle banconote che la donna nascondeva all’interno del reggiseno quando l’hanno ritrovata nel lago. Li teneva nel posto più sicuro che conosceva, per fare in modo che il figlio non li trovasse. Di certo Francesca non immaginava a cosa sarebbe potuto arrivare suo figlio pur di fargliela pagare. Li ha ammazzati venerdì nel primo pomeriggio, ha avvolto i corpi nel cartone tenuto assieme da nastro adesivo e la testa in sacchetti di plastica. Il resto della giornata l’ha passata al bar, ubriacandosi ed escogitando il modo per passarla liscia. La sera stessa ha caricato i corpi in auto, una Volvo 740 e si è messo al volante guidando per un centinaio di chilometri attraverso l’A4, Milano- Venezia. Sono state le pattuglie della polizia stradale, in normale servizio notturno, a spaventarlo e spingerlo a uscire dall’autostrada, all’altezza di Sirmione, per proseguire lungo la strada del lago. Giunto a Peschiera alle 21e45, la sua auto viene filmata dalle telecamere del municipio. Da quella stessa foto sono emersi i dettagli sugli altri spostamenti del 46enne: dopo un chilometro e mezzo, in largo Garibaldi fa marcia indietro e scarica i corpi nel Garda. La posizione esatta sarà poi confermata dallo studio della corrente e del vento che soffiava venerdì sera.

Un’altra prova schiacciante per la posizione di Bellarosa, che si è aggiunta a quelle presentate in tribunale la sera successiva. Stamane sono stati gli stessi carabinieri del Comando provinciale di Verona a fare luce su altri dettagli dell’indagine. La vera e propria svolta è avvenuta lunedì pomeriggio, quando il secondo corpo, quello della donna è riemerso dall’acqua: nel reggiseno la 76enne nascondeva due rotoli di banconote, da 80 e 120 euro, e uno scontrino di una farmacia di Carpi. Individuata la zona i controlli si sono stretti. Gli accertamenti sulla maglietta indossata dalla donna hanno fatto il resto: era stata consegnata ai dipendenti della Cormo, una fabbrica di serramenti modenese a San Martini in Rio, vicino a Carpi. Dall’elenco dei settecento operai, consegnato ai militari e comprensivo dei dati anagrafici dei familiari, è emerso il nome dei Bellarosa: età e foto dei documenti d’identità combaciavano perfettamente. Il figlio è stato fermato dalle pattuglie dei carabinieri verso le due di ieri mentre alle 16, nel garage della casa, hanno fatto ingresso gli specialisti del Ris di Parma. “E’ riuscito a nascondere le tracce di sangue più evidenti dell’omicidio, ma il tentativo è stato vano- commenta il tenente Alberto Veronesi, della sezione Investigazioni scientifiche di Verona- Nel garage e nell’auto abbiamo messo in evidenza tutti i particolari che ad occhio nudo non si riuscivano a vedere. Una vera e propria certezza di reato. Sono state ritrovate corde corrispondenti a quelle usate e tracce di nastro adesivo”.

Le prove oramai certe l’hanno incastrato e dopo ore sotto torchio Daniele Bellarosa ha ammesso tutto: “Sono stato io, non ce la facevo più. Papà si svegliava di notte, si lamentava di continuo, vagava per la casa e non mi lasciava dormire. Mamma mi faceva sempre arrabbiare”. Ora il caso è passato alla Procura di Modena per il reato più grave di duplice omicidio. In capo a Peschiera ci sarebbero solo le accuse di occultamento di cadavere.

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