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Lunedì, 29 Aprile 2024
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Il vescovo di Verona Pompili in corsia per gli auguri ai malati: «La sofferenza del corpo non deve essere senza umanizzazione»

«Anche se la medicina moderna è sempre più tecnologica, - ha dichiarato monsignor Domenico Pompili - non deve mai mancare il contatto con il malato»

«Sono pazienti con patologie serie che necessitano di essere seguiti non solo nella fase acuta dell’ospedale ma anche una volta dimessi. L’assistenza domiciliare che serve ai malati di reparti "critici" come quelli di Medicina e Chirurgia Esofago-Stomaco non è solo sanitaria, spesso è anche di natura spirituale e umana». È questa l’esigenza che, come riportato in una nota dell'Aoui Verona, è emersa lunedì mattina durante la visita natalizia del vescovo, monsignor Domenico Pompili, alle due Uoc per gli auguri ai ricoverati.

Proprio per questo, spiegano sempre dall'Aoui Verona, è stato proposto al vescovo «un coordinamento fra la parte sanitaria ospedaliera e la rete sociale di volontariato che esiste nelle parrocchie». Anche questo aspetto rientrerebbe infatti nell’obiettivo di «umanizzazione della cura, che parte dalle corsie di ospedale con le cure palliative e potrebbe continuare nelle case con il supporto ai malati di tumore, di degenerazioni neurologiche o cardiologiche». 

Giovanna Ghirlanda dir Direzione Medica Osp, dir UOC Chirurgia Esofago Stomaco Giovanni De Manzoni, Vescovo, DG Bravi, don Pierpaolo Valli, Elisabetta Allegrini dirig profess sanitarie : foto ufficio stampa Aoui Verona

A condividere questa proposta con monsignor Pompili sono stati il direttore generale Callisto Bravi, il direttore sanitario Matilde Carlucci. Insieme a loro, il primario di Chirurgia Esofago e Stomaco, prof Giovanni De Manzoni, con la dottoressa Maria Antonietta Di Cosmo, e il primario di Medicina A, dottor Roberto Castello, con la caposala Paola Perlato. Presenti anche i quattro cappellani ospedalieri, padre Pierpaolo Valli, Leonardo Fuoco, Hervè Dhado, Arlappa Mundlagiri. Al termine della visita ai ricoverati, è stata fatta la benedizione e recitata la “Preghiera di chi sta accanto al malato” nella corsia di Medicina A.

«Sono onorato di aver ospitato oggi monsignor Pompili in Azienda - ha dichiarato Bravi - perché stiamo valutando una modalità concreta di collaborazione. Una volta dimessi, i pazienti con patologie gravi hanno bisogno di avere un sostegno umano che li accompagni in un momento tanto difficile. I nostri reparti sono di altissimo livello sanitario, noi curiamo il corpo ma c’è bisogno anche di un sollievo spirituale che può venire dalla rete capillare di persone e associazioni conosciute dalla Curia».

DG Bravi, caposala Paola Perlato, DS Carlucci, Vescovo, Dir UOC Medicina Generale A Roberto Castello, comandante Reggio : foto ufficio stampa Aoui Verona

Il vescovo di Verona Pompili ha quindi commentato: «Questi reparti di eccellenza sono importanti per le cure e anche per l’impegno ad alleviare il dolore e le sofferenze. Bisogna mettere sempre più energia su questo, verso le cure palliative bisogna avere un atteggiamento più concreto e meno ideologico. La sofferenza del corpo non deve essere senza umanizzazione per questo è più che mai attuale la lezione di Gesù taumaturgo, toccava i malati scandalizzando i benpensanti del tempo ma rappresenta il cuore del Cristianesimo. Anche se la medicina moderna è sempre più tecnologica, non deve mai mancare il contatto con il malato, con i 5 sensi si crea il contatto fra le persone. Che la vostra professione di sanitari non dimentichi mai la ‘mano santa’ e la dimensione del contatto».

Il primario di Chirurgia Esofago e Stomaco, prof Giovanni De Manzoni, ha quindi aggiunto: «Per il nostro reparto oggi è stato un momento importante. Monsignor Pompili ha visitato i malati e visto il nostro lavoro, ma il link con la Curia sarà importante perché dopo le dimissioni questi pazienti abbiano un supporto umano che li aiuti in questa fase della vita». Gratitudine è stata espressa anche dal primario di Medicina A, dottor Roberto Castello: «Ringrazio il vescovo per aver portato conforto ai nostri pazienti, anziani e malati oncologici. L’umanizzazione delle cure è anche questo perché la medicina può fare moltissimo ma non sconfiggere l’ineluttabilità della morte. Ed è in questa fase che è fondamentale il conforto, la spiritualità e il contatto umano».       

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