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Studio americano conferma risultati dell'UniVr su farmaco anti-Covid

Il medicinale è il Baricitinib ed era già impiegato per la cura dell'artrite reumatoide. Usato in combinazione con il Remdesivir, renderebbe meno letale la malattia provocata dal coronavirus

Uno studio clinico statunitense, coordinato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid), ha confermato gli ottimi risultati già sperimentati dall'università di Verona negli scorsi mesi derivanti dall'uso del Baricitinib, medicinale già impiegato per la cura dell'artrite reumatoide, sui pazienti affetti dalle forme più gravi di Covid-19.

La notizia è stata data da Ely-Lilly, multinazionale del farmaco, che ha annunciato i risultati dello studio Adaptive COVID-19 Treatment Trial (ACTT-2), coordinato dal National Institute of Allergy and Infectious Diseases su una popolazione di 1.000 pazienti con polmonite da Covid-19. Di fatto, si tratta della conferma, su un numero molto più grande di malati, della pubblicazione sul prestigioso Journal of Clinical Investigation dello studio coordinato dall'immunologia scaligera diretta da Vincenzo Bronte, dalla medicina interna diretta da Oliviero Olivieri e da Claudio Lunardi, in collaborazione con l'ospedale Pederzoli di Peschiera del Garda.
Lo studio si concentrava sull'utilizzo di Baricitinib, medicinale già impiegato per la cura dell’artrite reumatoide, nei pazienti affetti da Covid-19, in combinazione con il Remdesivir. Il lavoro forniva la dimostrazione che i pazienti trattati con Baricitinib mostrano una marcata riduzione dei livelli sierici delle citochine infiammatorie mentre i linfociti T e B circolanti ritornano alla norma ed il titolo anticorpale contro il virus si alza. In altri termini, il farmaco ripristina la capacità difensiva del sistema immunitario danneggiata dal Covid. Tutto questo è associato non solo ad una riduzione del fabbisogno di ossigeno per i pazienti e quindi ad un miglioramento clinico della polmonite, ma anche ad un effetto sulla sopravvivenza dei pazienti. Solo uno dei 20 pazienti trattati con Baricitinib (5%) è deceduto dopo il completamento del trattamento terapeutico, rispetto a 25 pazienti morti su 56 (45%) nel gruppo di pazienti non trattati.

«L'ateneo di Verona per primo ha messo in evidenza il meccanismo con cui agisce il farmaco sui malati - ha spiegato Olivieri - Serviva che i nostri dati clinici fossero confermati con studi più ampi, cosa che ora è avvenuta. Se questo farmaco, come sembra, va a derubricare la forma infettiva polmonare del Covid a poco di più di una forma influenzale, annullandone la mortalità, allora il gioco è fatto ed anche il vaccino si può attendere con molta più tranquillità». E poiché il trattamento è per via orale, il farmaco può essere somministrato anche fuori dall'ospedale. Ciò può limitare le conseguenze negative della pandemia ed essere, quindi, di estrema rilevanza per i sistemi sanitari di tutto il mondo.

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