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Il Dna della lenticchia e lo studio veronese che «rivoluziona l’analisi di genomi grandi e complessi»

Sequenziare con alta efficienza genomi grandi e ripetuti è oggi possibile grazie al metodo sviluppato sulla lenticchia dai ricercatori del dipartimento di Biotecnologie dell’Univr

«Il formidabile avanzamento delle tecnologie di sequenziamento del Dna a cui abbiamo assistito negli ultimi anni - evidenzia una nota dell'Università di Verona - rende oggi possibile l’analisi di un genoma a poche centinaia di euro». Tuttavia, viene poi precisato dall'ateneo scaligero, questi costi «risultano ancora significativi se la necessità è sequenziare centinaia o migliaia di individui diversi, come accade negli studi sulle specie vegetali, fra cui importanti legumi alimentari come lenticchia, fava e pisello». In tal senso, la soluzione è stata sviluppata dal laboratorio di Genomica funzionale dell’Università di Verona, diretto da Massimo Delledonne, docente di Genetica nel dipartimento di Biotecnologie, in collaborazione con il gruppo di Roberto Papa, docente di Genetica agraria all’Università politecnica delle Marche, grazie a un metodo che «elimina le regioni ripetute, ossia le sequenze presenti fino a migliaia di volte, sempre uguali, nello stesso genoma, per concentrare i dati di sequenziamento maggiormente sulle regioni di interesse, migliorandone l’analisi». Lo studio è stato ora pubblicato sulla rivista Genome research.

Analizzare il genoma delle piante

Secondo quanto riferito nella nota dell'Univr, gli studi di popolazione in specie vegetali «cercano di associare la presenza di caratteristiche genetiche, identificate mediante analisi di “genotipizzazione”, con caratteri visibili (fenotipici) di interesse, come ad esempio una maggiore produttività, la resistenza ad un patogeno o ai cambiamenti climatici». Il problema, tuttavia, «aumenta particolarmente quando le specie vegetali analizzate sono caratterizzate da genomi grandi e complessi, costituiti in gran parte (>80%) da regioni ripetute, ossia da sequenze presenti migliaia di volte nello stesso genoma». A differenza delle regioni codificanti per geni, l’analisi delle regioni ripetute «è spesso poco informativa perché non permette di collegare facilmente le differenze genetiche a quelle fenotipiche che caratterizzano le diverse varietà, e determina quindi un grande spreco di risorse e di tempo». 

Gli scienziati dell’Università di Verona e dell’Università politecnica delle Marche hanno, invece, messo a punto «un nuovo metodo per l’analisi di genotipizzazione, in cui le regioni ripetute del genoma vengono rimosse prima del sequenziamento, permettendo di focalizzare l’analisi solo sulle regioni di interesse». Lo studio pubblicato dimostrerebbe quindi che «il metodo può essere utilizzato per rimuovere gli elementi ripetuti, consentendo un’analisi più accurata delle regioni codificanti e regolatorie, ed in parallelo può essere sfruttato per ridurre considerevolmente i costi di analisi». 

Massimo Delledonne, docente di Genetica nel dipartimento di Biotecnologie, spiega: «Il metodo che abbiamo sviluppato è basato sull’utilizzo del sistema CRISPR-Cas9, lo stesso che permette di modificare la sequenza del Dna in diverse specie animali e vegetali e che viene impiegato in alcuni trial clinici per la terapia genica. Il sistema CRISPR-Cas9 in questo caso è stato utilizzato direttamente sul Dna di lenticchia "esclusivamente in provetta", per rimuovere le sequenze di Dna non informative e concentrare i dati di sequenziamento sulle regioni di interesse, identificando molte più varianti genetiche, 10 volte in media».

Il DNA della lenticchia

Roberto Papa è docente di Genetica agraria all’Università politecnica delle Marche ed ha collaborato alla realizzazione dello studio diretto dal professor Massimo Delledonne: «I motivi che ci hanno portato, nell’ambito del progetto finanziato dall’Unione europea "Increase", a lavorare anche sulla lenticchia sono molti. - ha raccontato Roberto Papa - La lenticchia è ricca di proteine, e, assieme alle altre leguminose alimentari, è fondamentale per la sostenibilità del pianeta favorendo la transizione alimentare verso diete a base prevalentemente vegetale. L’aumento del consumo alimenti di origine vegetale è importante per provvedere al fabbisogno alimentare della popolazione mondiale, mitigando e contrastando gli effetti della crisi climatica e della distruzione della biodiversità naturale».

La lenticchia, ricorda infatti la nota dell'Univr, è «una leguminosa caratterizzata da un genoma molto più grande rispetto a quello della maggior parte delle specie coltivate (3.7 Gb, simile a quello umano), costituito per la maggior parte (85%) da ripetizioni». Per eliminare queste regioni non informative, i ricercatori hanno progettato «un set dedicato di 566.766 guide (gRNA) capace di indirizzare il taglio del sistema CRISPR-Cas9 in modo specifico sulle regioni ripetute». Marzia Rossato, docente di Genetica nel dipartimento di Biotecnologie dell’ateneo scaligero che ha sviluppato il progetto, ha quindi evidenziato: «Sono molto soddisfatta dei risultati che il metodo ha fornito in lenticchia perché permetterà di condurre degli studi di popolazione che finora non sono stati possibili a causa delle limitazioni delle metodiche o dei costi alti. Questo favorirà la conservazione e l’uso della agrobiodiversità e i programmi di miglioramento genetico, non solo in lenticchia, ma anche in altre specie, non solo di legumìnose alimentari, caratterizzate da genomi analoghi, grandi e ripetuti, permettendo l’identificazione di caratteri di resilienza e di maggiore produttività per fronteggiare i cambiamenti climatici in corso». 

Più fertilità, meno fertilizzanti

Un aspetto fondamentale della coltivazione di legumi che viene evidenziato sempre nella nota dell'Univr, è che «permette di migliorare la fertilità e la produttività degli agro-ecosistemi, diminuendo drasticamente l’utilizzo di fertilizzanti che, sono ottenuti grazie all’energia fossile e hanno un elevato potenziale inquinante». Tuttavia, sottolinea ancora la nota dell'ateneo, nonostante questi vantaggi, il potenziale genetico dei legumi alimentari «è ancora in gran parte inesplorato, poiché gli investimenti nei programmi di incrocio varietale e le attività di ricerca sono stati limitati, anche a causa dei costi elevati per lo studio del genoma di alcune di queste specie, come lenticchia, pisello e fava».

In questo scenario, sottolineano dall'Univr, il metodo sviluppato «faciliterà la conservazione e la valorizzazione delle risorse genetiche dei legumi alimentari e il loro sfruttamento nei programmi di incrocio varietale con maggiore efficienza ed a costi inferiori». Questo aspetto è fondamentale, in quanto fornirebbe «la possibilità di identificare le varietà caratterizzate dal migliore adattamento alle condizioni ambientali e le caratteristiche nutrizionali più idonee per lo sviluppo di prodotti alimentari ottimali, incluse le varietà locali, con l’obiettivo di sviluppare sia di un'agricoltura sostenibile che prodotti alimentari più sani».

Le implicazioni dello studio sono quindi di «vasta portata, sia per lo studio delle leguminose alimentari nello specifico ma anche per altre specie vegetali coltivate». La maggiore accessibilità e le migliori prestazioni dell’analisi di genotipizzazione negli studi di popolazione, chiarisce da ultimo la nota dell'ateneo scaligero, avrebbero infatti «il potenziale di aumentare la nostra conoscenza, specialmente per quelle specie che sono attualmente difficili da analizzare senza un investimento economico significativo a causa delle grandi dimensioni del genoma e dell'elevata percentuale di Dna ripetuto».

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