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Fossile di Bolca è l'anello mancante tra gli antenati delle razze

A stabilirlo uno studio dell'Università di Torino. «La presenza di due ecomorfotipi oggi così diversi e senza forme intermedie rende difficile definire come e da chi abbiano avuto origine le razze pelagiche durofaghe, poiché fino ad oggi non avevamo forme di transizione fossili che potevano chiarire questo aspetto»

Un team di paleontologi italo-austriaco, coordinato da Giuseppe Marramà e Giorgio Carnevale, entrambi del Dipartimento di Scienze della Terra dell'Università di Torino, ha pubblicato uno studio sulla rivista Palaeontology che chiarisce una questione paleontologica dibattuta da tempo: quali sono le origini evolutive della durofagia e dell'abitare in acque libere nelle razze?

Lo studio si basa sull'analisi di un fossile scoperto nel dicembre 2020 nel celebre sito di Bolca, dove il Museo di Civico di Storia Naturale di Verona ha condotto recenti campagne di scavo e dove i fossili ritrovati testimoniano l'esistenza di un antico mare tropicale poco profondo con barriere coralline risalente a circa 50 milioni di anni fa.

«Fin dalle prime analisi era chiaro che si trattava di un esemplare eccezionale, non solo per la sua completezza e la qualità della sua conservazione ma anche per il suo significato evolutivo», spiega il dottor Roberto Zorzin, geologo e curatore del museo che ha supervisionato gli scavi e coautore dello studio.

Il fossile oggetto dello studio è una razza fossile che rappresenta una nuova specie appartenente ai miliobatiformi, un gruppo molto diversificato di razze oggi rappresentate da trigoni, pastinache, aquile di mare e mante, note per una caratteristica peculiare: la presenza di uno o più aculei veleniferi sulla coda che usano come arma di difesa contro altri pesci predatori e occasionalmente contro l'uomo.

Queste razze possono essere raggruppate in due forme, o meglio due ecomorfotipi molto distinti sia dal punto di vista morfologico che ecologico: la superfamiglia Dasyatoidea comprende razze bentoniche e non-durofaghe come i trigoni e le pastinache che, avendo un disco pettorale discoidale con raggi poco mineralizzati hanno un nuoto di tipo ondulatorio e vivono principalmente sul fondale.

Grazie a batterie di piccoli e numerosi denti con radice bilobata catturano prede dal corpo molle, principalmente vermi policheti, piccoli pesci e crostacei.

Al contrario, le razze della superfamiglia Myliobatoidea come le aquile di mare e le mante sono pelagiche o bentopelagiche, ovvero vivono in mare aperto grazie alla presenza di pinne pettorali a forma di ali sostenute da robusti raggi mineralizzati che permettono un nuoto di tipo oscillatorio, una sorta di "volo" subacqueo nella colonna d'acqua.

Possiedono inoltre i lobi cefalici, proiezioni delle pinne pettorali posti anteriormente alla testa, utilizzate per localizzare e dissotterrare le prede. Alcune di queste razze pelagiche come le aquile di mare sono durofaghe, ovvero hanno pochi, grandi e robusti denti con radici multiple con cui frantumano i duri gusci dei molluschi e crostacei di cui si nutrono, mentre altre come le mante si nutrono di plancton.

«La presenza di due ecomorfotipi oggi così diversi e senza forme intermedie rende difficile definire come e da chi abbiano avuto origine le razze pelagiche durofaghe, poiché fino ad oggi non avevamo forme di transizione fossili che potevano chiarire questo aspetto», sottolinea il professor Giorgio Carnevale.

Lo studio di questa nuova razza fossile ha permesso non solo di ricostruirne aspetto, dieta e modo di vita, ma anche di appurare che essa rappresenta una sorta di "anello mancante", o meglio, una forma di transizione tra le più primitive razze bentoniche non-durofaghe e le più derivate razze pelagiche durofaghe.

Questa razza fossile possiede infatti un mix di caratteri comuni a entrambi i gruppi di razze: come trigoni e pastinache, aveva piccoli denti laterali a radice bilobata e raggi delle pinne pettorali poco mineralizzati, mentre come le aquile di mare possedeva pinne pettorali a forma di ali, lobi cefalici, e una fila di denti centrali con radici multiple.

Questa combinazione di caratteristiche consentiva a Dasyomyliobatis thomyorkei (nome ispirato a Thom Yorke, leader dei Radiohead) di passare dal nuoto ondulatorio a quello oscillatorio, consentendo a questa razza di sfruttare l'ampia gamma di habitat che offriva l'antico mare tropicale di Bolca, dall'eterogeneo ambiente marino poco profondo al mare aperto, ma anche di nutrirsi di un'ampia varietà di prede, sia dal corpo molle che dai gusci più robusti.

«Questo nuovo fossile fornisce la prova diretta che la durofagia e lo stile di vita pelagico nelle razze miliobatiformi si sono evoluti a partire da circa 100 milioni di anni fa da un antenato comune appartenente ad una famiglia oggi estinta (chiamata Dasyomyliobatidae) che possedeva caratteristiche anatomiche comuni ad entrambi gli ecomorfotipi oggi esistenti, di cui Dasyomyliobatis thomyorkei fu probabilmente uno degli ultimi rappresentanti», spiega il dottor Giuseppe Marramà.

Lo studio dimostra che la paleontologia è una Scienza viva nel contesto italiano, e che la conservazione e valorizzazione a lungo termine del patrimonio paleontologico di Bolca sono necessarie in un'ottica di promozione culturale e turistica della Val d'Alpone e, in generale, di tutto il patrimonio paleontologico italiano.

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