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Cronaca

Maxi-operazione antimafia all'alba, 29 arresti per usura

Sgominato clan legato ai casalesi con 100 imprese nel mirino. Due arresti anche a Verona e Cerea

Un'organizzazione mafiosa collegata al clan camorristico dei "casalesi" è stata sgominata dai carabinieri di Vicenza e dalla Direzione investigativa antimafia di Padova che stanno eseguendo, dalle prime ore dell'alba, 29 provvedimenti restrittivi in Veneto, Lombardia, Sardegna, Campania e Puglia. Gli indagati sono accusati di usura ed estorsione nei confronti di centinaia di imprenditori soprattutto nel nord Italia. Nel mirino però non mancavano imprenditori del Mezzogiorno e del centro Italia. Dodici le province in cui, contemporaneamente, è scattato il blitz. In Veneto i militari sono stati mobilitati a Verona, per due arresti, e a Padova e Rovigo.

II primo a finire in manette, durante i controlli
nel Veronese dei carabinieri, è stato Federico Turrini, 35enne pregiudicato per estersione e stalking e residente a Cerea in via Ferramosche. Dagli accertamenti è emerso che Turrini era titolare di due imprese adiacenti alla sua abitazione alle quali, probabilmente, faceva da prestanome. Al momento dell'irruzione dei militari, il 35enne si trovava agli arresti domiciliari e si poteva allontanare da Cerea solamente per recarsi al lavoro alla cooperativa di Verona dove era impiegato come operaio mulettista. I carabinieri del Comando provinciale di Verona sono intervenuti alle 5, invece, in via Mastino della Scala per fermare Gabriele Marostica, agente di commercio di 55 anni con piccoli precedenti di polizia giudiziaria. A differenza di Turrini, accusato di favoreggiamento, la posizione del rappresentante si farebbe più pesante. A lui si applicherebbe la condanna più pesante, quella stabilita dall'articolo 416 del codice penale, per "associazione a delinquere". Secondo gli inquirenti, Marostica, già vittima a sua volta di estorsione, avrebbe procacciato altri imprenditori di piccolo e medio livello che navigavano in cattive acque per "ammorbidire" la sua posizione nei confronti degli usurai.

L'attività criminosa del "gruppo", resa particolarmente insidiosa dalla delicata congiuntura economica e dal ricorso a modalità violente tipiche dell'associazione mafiosa, si concentrava su soggetti in difficoltà finanziaria, utilizzando come copertura lo schermo legale della società di recupero crediti "Aspide". Da questa base logistica-direzionale, che aveva la sua sede principale a Padova, promanavano le direttive per i sodali sottordinati, venivano pianificate le attività di riscossione e le spedizioni punitive nei confronti dei debitori insolventi. L'organizzazione, armata, gerarchicamente strutturata con distinzione di ruoli operativi, e diretta con spietata determinazione da Mario Crisci, detto "il dottore" erogava crediti a tassi fortemente usurari (fino al 180% annuo) alle vittime, sino a soffocarle, costringendole a cedere le proprie attività economiche o, talvolta, a procacciare per la struttura criminale nuovi ''clienti'' nel tentativo di arginare il proprio debito cresciuto vorticosamente in breve tempo.

Di fronte ai ritardi nel pagamento scattavano brutali pestaggi. Il denaro affluiva nelle "casse" del gruppo tramite l'ingegnoso sistema della carte poste-pay (ricaricate dalle elargizioni delle vittime) in dotazione ai sodali e serviva, inoltre, a distribuire fra di essi i compensi dell'attività criminale (veri e propri stipendi mensili). Parte dei proventi, infine, era destinata a soddisfare le necessità economiche di detenuti affiliati alla camorra e dei loro familiari.

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