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Cronaca

Dopo il suicidio assistito di Gloria, Riccio: «Caso storico». Pro Vita: «Morte di Stato»

Nessuna dichiarazione dalla famiglia della donna, ma attorno al decesso della 78enne veneto in molti hanno commentato

La sua famiglia non ha rilasciato dichiarazioni ed ha chiesto il rispetto della privacy e del proprio dolore. Ma attorno a Gloria (nome di fantasia) e alla sua morte, in molti hanno commentato. E non poteva essere diversamente, vista la delicatezza di un tema così delicato come il suicidio assistito.

Quello di Gloria è infatti il secondo caso in Veneto, dopo quello di Stefano Gheller. Gloria è morta domenica mattina, 23 luglio, a 78 anni. Era una paziente oncologica ed aveva scelto di porre fine alle sue sofferenze. E la sua Ulss l'ha accontentata, scatenando diverse reazioni. Da una parte coloro che sono favorevoli a questa procedura e, anzi, la vorrebbero anche snellire per non far attendere il richiedente i mesi che ha dovuto attendere Gloria. Dall'altra coloro che parlano di «morte di Stato». Una divisione che, in molti casi, poco ha a che fare con il credo politico, come sottolineato in un video da Marco Cappato dell'associazione Luca Coscioni. «La sanità del Veneto ha evitato a Gloria una morte tra sofferenze che non avrebbe mai voluto - ha dichiarato Cappato - Il fatto che l'aiuto sia arrivato nella Regione presieduta da Luca Zaia, della Lega, dimostra che su questo tema non valgono i recinti dei partiti e delle coalizioni, ma conta la sensibilità nei confronti delle persone che soffrono e delle loro scelte».

E proprio l'associazione Luca Coscioni ha fornito a Gloria l'assistenza di cui aveva bisogno per arrivare in fondo alla procedura. In particolare, a stare vicino alla paziente, è stato il dottor Mario Riccio, l'anestesista che nel 2006 aveva assistito Piergiorgio Welby e un anno fa aveva supervisionato la parte tecnica del primo suicidio assistito scelto da Federico Carboni. «Ho seguito la vicenda umana e clinica della signora Gloria sin dal suo inizio - ha raccontato Riccio - Un caso storico in quanto l'azienda sanitaria, tramite i propri medici e nel corso delle verifiche necessarie, aveva riscontrato la presenza di tutti i requisiti. Ma la novità riguarda il quarto requisito. Oltre alla "consapevolezza", alla "patologia irreversibile" e alle "sofferenze che lei stessa reputava intollerabili", è stata individuata la presenza di "trattamenti di sostegno vitale", dove per la prima volta sono stati intesi i "farmaci antitumorali mirati" che Gloria assumeva, scelta che dunque amplia le possibilità di accesso alla morte volontaria assistita a una fetta ancora maggiore di italiani. Ritengo che sia un dovere morale del medico sostenere il paziente che in determinate condizioni chiede di porre fine alla sua vita. Oggi questo in Italia è possibile solo come assistenza al suicidio. Spero che presto questo diritto di autodeterminazione possa avvenire anche con un atto di eutanasia».

Speranza invece avversata dalla onlus Pro Vita & Famiglia che attraverso il suo portavoce Jacopo Coghe è intervenuta così sulla vicenda di Gloria. «Quando un'azienda sanitaria consegna il farmaco e quanto necessario per far cessare la vita di una persona sta somministrando la morte di Stato. Uno Stato davvero civile non è quello che fornisce la morte. È urgente che ci siano da parte di politica, governo e istituzioni risposte forti in favore della vita e non della morte. Serve maggiore accompagnamento dei malati e degli anziani nella fase finale della loro vita, servono incentivi per gli hospice e per le famiglie di chi soffre e serve sviluppare molto di più le cure palliative, che sono un diritto inviolabile di ogni cittadino ma troppo spesso negato».

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