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Domenica, 28 Aprile 2024

Banche cinesi abusive per riciclare soldi della criminalità organizzata

Perquisizioni anche nel Veronese della guardia di finanza che ha scoperto una presunta associazione per delinquere di matrice cinese composta da 21 membri e attiva in tutta Italia

Oltre 1,2 milioni di euro sequestrati e 31 perquisizioni eseguite anche nel Veronese a contrasto di un'associazione per delinquere di matrice cinese. Operazione in più zone d'Italia dei militari della guardia di finanza di Brescia e dei colleghi dello Scico su ordine della procura bresciana. I finanzieri hanno eseguito perquisizioni personali nelle province di Brescia, Bergamo, Milano, Cremona, Pistoia, Verona, Bolzano, Reggio Emilia, Prato e Udine nei confronti di 21 persone fisiche e 10 entità giuridiche, ritenuti responsabili a vario titolo di associazione per delinquere, prestazione abusiva di servizi di pagamento, autoriciclaggio e riciclaggio, il tutto aggravato dalla transnazionalità del reato.

All’esito delle perquisizioni sono stati arrestati, in flagranza di reato, tre uomini per riciclaggio. Altri quattro sono stati, invece, denunciati rispettivamente per esercizio di giochi d’azzardo, riciclaggio e due per ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato. E con la collaborazione delle unità cinofile, sono stati sequestrati oltre 1,2 milioni di euro, 6 Rolex, decine di dispositivi informatici e smartphone e cinque macchine contasoldi.

Le Fiamme Giallo hanno avviato l'indagine nel novembre dell'anno scorso ed hanno scoperto una presunta associazione per delinquere ramificata su tutto il territorio nazionale e composta da 21 cinesi. Il gruppo criminale avrebbe svolto abusivamente attività bancaria, offrendo vari servizi. Ai membri della comunità cinese avrebbero concesso una serie di servizi di pagamento abusivi, in quanto consentiti ai soli istituti di credito oppure agli istituti di moneta elettronica o di pagamento autorizzati. E ad altre associazioni criminali avrebbero offerto servizi di monetizzazione e di riciclaggio dei proventi illeciti.
Il sistema si reggeva sull'riutilizzo del denaro contante raccolto presso la comunità cinese in Italia. Una volta raccolta la liquidità, questa sarebbe stata utilizzata per colmare le esigenze di monetizzazione del settore delle fatture false, i cui pagamenti sarebbero già stati precedentemente immessi nel circuito finanziario e drenati dall’economia nazionale, eludendo così il presidio antiriciclaggio.
A seguito della raccolta di denaro contante effettuata presso i propri connazionali, intenzionati a trasferire denaro dall’Italia alla Cina con la garanzia dell’anonimato, i membri della presunta associazione criminale avrebbero fatto ricorso a due modalità operative di trasferimento basate da una parte sull’utilizzo di applicazioni informatiche crittografate e dall’altra sulle caratteristiche tipiche del sistema "Fei Chen" che consiste in un trasferimento di denaro non tracciato su base fiduciaria.

Se le ipotesi di reato venissero confermate, emergerebbe un nuovo fenomeno riciclatorio che vede in alcuni cittadini cinesi il principale interlocutore. L’attività di raccolta e di trasferimento di denaro svolta da questi ultimi avrebbe determinato la creazione, su tutto il territorio nazionale, di banche cinesi abusive le quali, utilizzando canali finanziari paralleli, aggirano il sistema di prevenzione antiriciclaggio, bypassandone i presidi previsti. Tali condotte criminose consentirebbero non solo la fuoriuscita non tracciata di un’ingente quantità di capitali dai confini dell'Ue, ma anche l’agevolazione di associazioni per delinquere.

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