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È tempo di innovazione sociale? Possibili coordinate per imprese, donne e finanza

Convegno a Verona promosso da Irecoop Veneto in collaborazione con Cantiere delle donne

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di VeronaSera

Le donne che fanno impresa sono pronte per l’innovazione sociale? E in che modo oggi possono sostenere il loro business? Se ne è parlato questa mattina a Villa Buri (Verona) al workshop dal titolo “È tempo di innovazione sociale? Possibili coordinate per imprese, donne e finanza” organizzato da Irecoop Veneto con la collaborazione del Cantiere delle Donne, grazie al bando “Il Veneto delle donne” di FSE e Regione del Veneto. L’evento ha visto la partecipazione di Università Ca' Foscari Venezia, UniCredit e Banca Etica e di alcune imprenditrici venete che guidano aziende che fanno innovazione sociale. Sono Valeria Tiozzo, presidente della Cooperativa sociale Titoli Minori di Chioggia, Elena Brigo, presidente della Cooperativa sociale Panta Rei di Verona, e Elena Toson, ingegnere aerospaziale, socia e Direttrice delle Operazioni di T4i Technology for Propulsion and Innovation di Monselice.

Al workshop le tre manager hanno raccontato le loro esperienze, modelli di buone pratiche di innovazione sociale, utili a mostrare alle partecipanti come realizzare innovazione sociale, e così motivarle e incuriosirle intorno a un vero e proprio cambio di paradigma che sta portando grandi benefici ad aziende, società, ambiente, e hanno illustrato ciò che per loro significa fare innovazione a beneficio della società. Per Tiozzo e Titoli Minori, che gestisce comunità alloggio e centri diurni per minori e disabili e una comunità educativo-residenziale e conta 140 soci di cui solo 5 uomini, innovazione sociale è “un’attenzione a un approccio culturale che crei modelli nuovi, risultato dell’unione di linguaggi diversi e realtà diverse, capaci di generare una risposta strutturata, elastica e in continuo divenire”. Per Brigo di Panta Rei, un’impresa speciale che offre opportunità di lavoro a persone con vari tipi di svantaggio, in particolare con problemi di salute mentale, fare innovazione sociale significa “riconnettere le persone al loro tessuto sociale recuperandone diritti”. Infine per Elena Toson di T4i, azienda specializzata nello sviluppo di sistemi di propulsione elettrica e chimica per nano e micro-satelliti e micro-lanciatori, innovazione sociale “è un processo che porta a un cambiamento e risponde a bisogni della collettività, risolvendo in modo innovativo problemi condivisi”. A mettere a fattore comune gli interventi di Toson, Tiozzo e Brigo, Elisa Gritti, project leader di Strategy Innovation s.r.l. Spin off di Ca' Foscari ed esperta di innovazione sociale e strategie di sostenibilità, che sostiene che “la social innovation è un vero e proprio cambiamento di paradigma in cui agli imprenditori si chiede un allargamento della visione che amplia i loro confini a lungo termine”. Ma sulla sostenibilità c’è molta confusione. “Oggi non esiste impresa sostenibile tout court. Le imprese hanno piuttosto dei piani di sostenibilità grazie ai quali si può evincere il valore di un’azienda”. E aggiunge: “L’accelerazione verso la sostenibilità si lega a questioni di generazione e di genere: la diversità è un driver di sviluppo sostenibile”.

Accanto al momento “ispirazionale” e formativo, il workshop ha indicato molto concretamente anche i modi in cui le donne possono sostenere i loro business. Di finanza etica e sostenibile hanno parlato Giovanna Neffat e Gianluca Leonardi, rispettivamente Responsabile Banking Academy Program - ESG Italy e ESG Expert Region Nord Est - ESG Italy di UniCredit insieme a Daniela Callegaro, Responsabile Culturale Area Nord Est e Paolo Ferraresi, Responsabile Area Nord-Est di Banca Etica. Per Neffat, la sostenibilità non è un trend ma una necessità economico-sociale purché si educhi. “Abbiamo bisogno di imprese orientate ad un’economia sociale, attente a creare impatti positivi nelle comunità in cui operano. È necessario fare cultura su questi temi, portare l’attenzione di PMI, istituzioni e non profit e orientare i ragazzi verso forme di impreditorialità ibrida, perché il cambiamento dobbiamo farlo agire a tutti i livelli. È per questo che nell’ambito della struttura ESG Italy di UniCredit, attraverso la nostra Banking Academy offriamo programmi gratuiti di education e divulgazione a studenti, imprenditori, professioni del non profit. Attraverso il programma Start Up Yout Life Entriamo in 500 scuole italiane e facciamo educazione finanziaria ed imprenditoriale a 50.000 studenti ogni anno. Attraverso il programma Road To Social Change (la cui nuova edizione parte il prossimo 26 maggio) formiamo invece i Social Change Manager del futuro, che operando in aziende o non profit, attivano processi di innovazione sociale”.

UniCredit ha integrato strategie ESG (ambiente, sostenibilità e governance) ai vari livelli della banca fino ad arrivare alla parte propositiva e commerciale. “Nell’affiancamento alle imprese valutiamo la sostenibilità del progetto - aggiunge Leonardi - ne misuriamo l’impatto attraverso analisi di sostenibilità e, una volta concesso il nostro appoggio, accompagniamo le persone attraverso Unigens, una rete di colleghi in pensione che mettono a disposizione la loro esperienza”. Quanto a Banca Etica, “sta finanziando il 28,6% di start up e imprese guidate da donne, contro il 22% concesso mediamente dal sistema bancario italiano - spiega Ferraresi. Tutto quello che facciamo è sottoposto alla valutazione di impatto socio ambientale e governance (ESG) che tiene conto anche della presenza femminile negli organi di governo”.

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