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Silenzioso e caustico, Dylan infiamma l'Arena

Oltre un'ora e mezza di musica per un concerto che la città di Verona ricorderà a lungo

A distanza di tre anni dalla sua ultima comparsa in Italia e di circa trenta da quella in Arena, nella serata di ieri l'immenso Bob Dylan è tornato a Verona in compagnia della "sua band" per un concerto attesissimo da innumerevoli fan. Ad accoglierlo c'era un anfiteatro gremito, anche se non proprio sold-out, con appassionati estimatori del menestrello di Duluth provenienti da tutta Italia e non solo.

Puntuale come un orologio svizzero, Dylan è salito sul palco alle 21 esatte, si è seduto al piano e ha intonato "Things Have Changed", ed immediatamente le cose sono in effetti cambiate: dal brusio d'attesa si è passati alla musica, per la celebrazione di un evento che molto è sembrato aver a che fare con la "mistica", più che con un semplice concerto.

Nessuna parola rivolta verso il pubblico è stata pronunciata da Bob Dylan per l'intera durata della sua presenza sul palco: note e silenzio, canto e silenzio, un rito musicale che ha saputo fondere l'impassibile freddezza, non priva di scanzonato humour, del "gran maestro" con la calorosa intimità degli applausi, puntuali e scroscianti, al termine di ogni esecuzione.

L'Arena di Verona gremita attende Bob Dylan

Nella scaletta della serata molti brani della recente produzione artistica di Dylan, ma non sono mancati anche alcuni grandi "classici", da "Highway 61 Revisited" a "Tangled Up in Blue", passando per "Desolation Row", tutti rigorosamente riarrangiati al punto da renderli praticamente irriconoscibili. Una scelta ostica, quasi "ostile" nei confronti di un pubblico chiamato a sedere, come attorno a un focolare, dinanzi ad uno dei più fiammeggianti soli della storia della musica, ascoltandone ancora una volta, immerso in una quiete avvolta dallo stupore, l'inconfondibile crepitìo. Un fuoco freddo, il "paradosso Dylan" è tutto (si fa per dire) qui. 

Non è mancata ad ogni modo la "generosità" artistica da parte del 76enne cantautore statunitense: acclamato dopo circa un'ora e mezza di concerto, è uscito nuovamente dalle quinte per concedere un bis ad effetto. Prima l'esecuzione di un'irriconoscibile "Blowin’ in the Wind", per poi violentare l'aria con le note indiavolate di una cattivissima e superba versione di "Ballad of a Thin Man", ricordando a tutti i Mr. Jones in ascolto che, una volta di più, qualcosa lì stava accadendo, ma loro non sapevano, non potevano sapere, cosa fosse.

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