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Venerdì, 26 Aprile 2024

La «grande fuga» dei medici dagli ospedali, Lanzarin: «Facciamo il possibile»

Per l'assessore alla sanità del Veneto, il problema è ampio e non risolvibile a livello regionale. L'associazione dei medici dirigenti del Veneto: «Bisogna cambiare al più presto profondamente la politica del personale»

La Regione Veneto «sta mettendo in campo tutte le azioni» per tamponare la carenza di medici negli ospedali pubblici. Lo ha detto ieri, 9 maggio, l'assessore regionale alla sanità Manuela Lanzarin, rispondendo indirettamente ad una lettera aperta di Luca Barutta, segretario regionale dell'associazione dei medici dirigenti Anaao-Assomed. Un'associazione che a livello nazionale ha lanciato l'allarme sulla cosiddettà «grande fuga» dei medici dalla sanità pubblica.

Secondo un'indagine di Anaao-Assomed, in Italia ogni giorno si licenziano dagli ospedali pubblici circa dieci medici. Si dimettono perché all'estero o nella sanità privata hanno un trattamento economico migliore, responsabilità e ritmi di lavoro più gestibili e maggiori possibilità di fare carriera. Una «grande fuga» che si auto-alimenta, perché aggrava la carenza di personale e quindi peggiora le condizioni di lavoro, stimolando così i medici ad andarsene per trovare un impiego migliore.

«Un fenomeno complesso», lo ha definito Lanzarin, che non riguarda solo il Veneto e che quindi non può essere risolto solo dalla Regione. Per l'assessore, infatti, servono degli interventi a livello nazionale, in particolare per i pronto soccorso, dove al problema della fuga dei medici si aggiunge anche la poca attrazione che la specializzazione sull'emergenza-urgenza ha nei nuovi medici.

Eppure, qualcosa a livello regionale si potrebbe fare, quantomeno per migliorare il clima all'interno degli ospedali. Un clima appesantito dagli anni di pandemia e che non sembra in grado di risollevarsi. «È necessario che le autorità regionali ed aziendali prendano atto della realtà esistente e modifichino al più presto profondamente la politica del personale», ha chiesto Luca Barutta, anche alla luce di un'indagine interna condotta dalla Regione nei suoi ospedali. Al questionario ha partecipato quasi la metà del personale ospedaliero regionale e tra chi ha partecipato solo «pochi si sentono gratificati - ha scritto Barutta - a fronte di una maggioranza che invece esprime nel merito una valutazione più o meno negativa. Il dato poi che circa il 16% medio regionale di coloro che hanno risposto al questionario abbiano manifestato una fortissima volontà di lasciare al più presto l'azienda in cui lavorano è sintomatico dell’alto grado di esasperazione percepito da una quota rilevante di dipendenti che non ha più remore a manifestarlo. Questo risultato fa pensare che sia la punta di un iceberg ben più ampio di una condizione di diffuso malessere lavorativo e di una elevata percentuale di dipendenti con profonda crisi di disaffezione nei riguardi del proprio lavoro e dell’azienda in cui lavorano».

Infine, nella sua lettera aperta, Barutta evidenzia i principali problemi interni agli ospedali regionali, dove «non si è più un’entità professionale, ma solamente un numero», dove il rischio lavorativo non è «adeguatamente prevenuto né compensato da indennità o da premi assicurativi», dove sono aumentati i carichi di lavoro e il rischio di aggressioni e dove invece manca «qualsiasi vestigia di meritocrazia, per inadempienze contrattuali e mancanza di fondi».

Per Lanzarin, la Regione sta «mettendo in campo tutte le possibilità che a livello nazionale vengono date». Ma per Barutta se non cambiano le condizioni interne agli ospedali sarà difficile frenare la «grande fuga»

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