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Bodycam, formazione permanente e tempi certi della giustizia: la ricetta per migliorare il lavoro degli agenti

Si è tenuto nella serata di giovedì, al Payanini Center di Verona, un incontro pubblico sul tema dei presunti casi di violenza emersi all'interno della questura scaligera, durante il quale si è cercato di analizzare la situazione e cercare le cause che avrebbero portato ad essa

"Verona: sicurezza, giustizia, diritti" è il titolo dell'incontro pubblico, organizzato dal Partito Democratico veronese, che giovedì sera ha avuto luogo al Payanini Center di via San Marco, sul tema del caso scoppiato all'interno della questura scaligera per le presunte violenze su alcune persone fermate, di cui sono accusati alcuni agenti delle volanti. 
Mele marce, casi isolati, o campanelli di allarme di un sistema di pubblica sicurezza che presenta delle crepe dentro alle quali possono crescere delle tensioni sociali? Che cosa ci dice la vicenda degli agenti delle Volanti della questura di Verona arrestati o indagati nell’ambito dell’indagine per torture e maltrattamenti ai danni di alcuni senza tetto ed emarginati? Questi i quesiti rivolti agli ospiti chiamati ad intervenire: Davide Battisti, segretario del sindacato di polizia Siulp Verona; Don Carlo Vinco, garante dei detenuti; e Antonino Condorelli, magistrato e già Procuratore Generale della Corte d'appello di Venezia. Sono intervenuti inoltre l'assessora alla Sicurezza del Comune di Verona, Stefania Zivelonghi, il segretario provinciale del PD, Franco Bonfante, e la segretaria cittadina, Alessia Rotta.

La locandina dell'incontro che si è tenuto al Payanini Center-2

Sollecitato dal segretario organizzativo del PD di Verona, Riccardo Olivieri, il segretario del sindacato di polizia Siulp Verona Davide Battisti ha precisato: «Parliamo di 7 episodi di cui 3 video-documentati e 4 ricostruiti attraverso le dichiarazioni delle parti offese. Nello stesso periodo in questura di Verona ci sono stati 5-6.000 accessi. Ciò non toglie che se anche soltanto uno di questi episodi dovesse essere verificato sarebbe gravissimo. Bisogna riconoscere l’alto grado di frustrazione che pervade le forze dell’ordine, non solo quelle di Polizia: ogni anno a Verona ci sono più di 400 notizie di reato per oltraggio, resistenza o violenza a pubblico ufficiale, il 96% delle quali viene archiviato. L’episodio in piazzale della stazione con gli agenti accerchiati dalla folla agitata è eloquente in questo senso. Anche per questo noi torniamo a chiedere convintamente la fornitura delle bodycam».

Un momento dell'incontro che si è tenuto al Payanini Center-2

Interpellato dalla segretaria cittadina Alessia Rotta in merito alla matrice razzista che trapela dalla vicenda giudiziaria, il garante dei detenuti Don Carlo Vinco ha considerato: «Indubbiamente la vicenda è complessa e si incrociano molte dimensioni, anche quella razziale, che fa parte della nostra cultura, non tanto degli agenti di polizia. Non dobbiamo però nasconderci che c’è una dimensione di violenza, gratuita, che fa parte della struttura e del sistema. Io credo che serpeggi una frustrazione che dipende dal tipo lavoro e dal tipo di relazioni, nonché da una formazione non adeguata. La Scuola di polizia di Verona è ottima, ma come in ogni altro settore è la formazione permanente, continua, che poi fa la differenza, permettendo di mantenere alto il livello del servizio. E questa oggi non c’è. In carcere, in occasione di eventi altamente scioccanti e traumatici, come i suicidi (già 4 da quando sono Garante), non ho mai visto gli agenti coinvolti in un momento di riflessione o di formazione con uno psicologo».

L'incontro che si è tenuto al Payanini Center-2

Molte carenze strutturali sono state ravvisate anche dal magistrato Antonino Condorelli: «Non dobbiamo chiudere gli occhi e fare finta di niente: la violenza nelle istituzioni esiste. E molto spesso esiste anche una pressione indebita da parte della politica. L’Italia ha subito condanne pesantissime per le violenze alla scuola Diaz durante il G8 del 2001, eppure la legge sulla tortura è entrata in vigore soltanto nel 2017, ed oggi c’è già chi vorrebbe abolirla. Nel frattempo, sapete quanti procedimenti sono stati aperti per questa fattispecie? Con il caso di Verona è la seconda volta in 5 anni. Prima era stato attivato soltanto per le violenze del 2020 nel carcere di Santa Maria Capua a Vetere. È giusto, quindi che le indagini facciano il loro corso, ma spesso manca il controllo della legalità. E in questa vicenda possiamo individuare già un punto fermo: non è possibile che all’interno degli organi di polizia ci sia spazio per quel tipo di culture che emergono dalle intercettazioni».
Infine, stimolato dal segretario provinciale PD Franco Bonfante sul tema delle cosiddette “scarcerazioni facili”, Condorelli ha risposto: «È una precisa e lungimirante scelta del legislatore ricorrere alle pene alternative alla detenzione. Ma poi non ci sono strutture né il personale che dovrebbero renderle effettive. La repressione penale è attualmente una cosa ridicola soprattutto qui in Veneto, dove il rapporto tra magistrati e popolazione è storicamente tra i più bassi d’Italia. Di fatto nessuno sconta nulla. A causa dei tempo dei processi e della dotazione insufficiente, vanno in prescrizione anche le violenze carnali. O si cambia per davvero, oppure non se ne esce».

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