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Venerdì, 26 Aprile 2024

Aziende «fantasma» ed evasione nel commercio di rottami: due cugini arrestati e oltre 1 milione di euro sequestrato

I due sono stati condotti in carcere. Per loro l'accusa è di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, per un importo di oltre 4,2 milioni di euro

All'alba di lunedì è scattato l'arresto per due persone e il  sequestro preventivo «per equivalente» di oltre un milione di euro, da parte della Guardia di Finanza di Verona, al termine delle specifiche indagini delegate dalla Procura della Repubblica scaligera per contrastare l’evasione e le frodi fiscali. 
L'ordinanza della misura cautelare, disposta dal gip del tribunale veronese, è stata emessa nei confronti di due uomini della provincia: a finire in carcere dunque sono stati un 53enne, in passato già implicato in fatti analoghi e arrestato nell’ambito di un’indagine della Procura di Brescia, e un suo cugino 51enne, i quali si sarebbero alternati nella carica di presidente del CdA di una società del Veronese operante nel settore del commercio all'ingrosso di rottami.
Per i due l'accusa è di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, per un importo di oltre 4,2 milioni di euro. Motivi per cui i finanzieri stanno procedendo a sequestrare quanto i cinquantenni avrebbero illecitamente sottratto alle casse dell'Erario, assicurando allo Stato liquidità bancarie e altri beni riconducibili a società ed arrestati, per un valore complessivo di 1.025.150 euro.

Le indagini svolte dal Nucleo di polizia economico-finanziaria di Verona, avrebbero permesso di accertare che l’azienda amministrata dai due, per pagare meno imposte, negli anni 2017/2019 avrebbe utilizzato una settantina di fatture false emesse da ditte compiacenti. In particolare si tratterebbe di due imprese della provincia di Brescia, di una società della provincia di Bergamo e di un’altra ditta operante nel Mantovano, tutte risultate essere evasori totali. Oltre a non presentare le dichiarazioni fiscali, le Fiamme Gialle hanno infatti accertato che quest’ultime imprese (ritenute vere e proprie aziende «fantasma») non avevano dipendenti né disponevano di mezzi in grado di trasportare i quantitativi di rottami ferrosi venduti solo sulla carta. Le ditte inolte sarebbero state amministrate da prestanomi che, dietro compenso, si sarebbero offerti per l’illecito scopo.
In un caso i finanzieri avrebbero scoperto che uno di loro aveva pattuito una retribuzione mensile di 3 mila euro; un’altra donna, invece, avrebbe confessato di aver accettato la somma di 20 mila euro in contanti per la costituzione di una ditta a suo nome.
La Guardia di Finanza dunque ha denunciato all'autorità giudiziaria anche i quattro titolari delle suddette imprese per l’ipotesi di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti.

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