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Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Bozza Dpcm: la presunta zona arancione scuro ed il caos spostamenti seconde case

Se la mia "seconda casa" è in zona rossa davvero non posso raggiungerla? E in zona arancione scuro? Riflessione cromatica sul Dpcm che verrà in attesa della Pasqua

Dopo la circolazione della bozza del nuovo Dpcm che il premier Mario Draghi dovrebbe firmare e presentare ufficialmente nelle prossime ore, si è scatenato un vero putiferio mediatico. Dalla Sardegna prima Regione ad entrare in zona bianca, alle Regioni che assumono la colorazione "arancione scuro", fino al confusivo tema degli spostamenti verso le cosiddette "seconde case", oggi prim'ancora che il Dpcm sia stato firmato se ne leggono di tutti i colori. Incapaci di trattenerci, proviamo anche noi a dire la nostra, cercando, senza pretese di infallibilità, di fornire un quadro quanto più chiaro possibile della confusione in atto.

Cosa contiene il primo Dpcm a firma Draghi: tutti i divieti e le norme dal 6 marzo a Pasqua

Le zone colorate sono quattro

Partiamo proprio dai "colori". La bozza del Dpcm ne contiene quattro, non uno di più e non uno di meno. Si tratta del bianco, del giallo, dell'arancione e del rosso. Punto. Il colore presunto "arancione scuro", non esiste. È un'invenzione mediatica. La normativa nazionale, stando alla bozza del Dpcm ma anche al decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15, prevederà quattro zone di rischio con i relativi parametri per entrarvi e le connesse restrizioni, vale a dire appunto la bianca, la gialla, l'arancione e la rossa. A ciascuna di queste aree corrispondono delle misure che, dal bianco al rosso, procedono in senso restrittivo. La zona bianca, molto banalmente, vede cessare l'applicazione di quasi tutte le restrizioni previste per la zona gialla, a cominciare ad esempio dal coprifuoco, ma tuttavia resta la sospensione di fiere, sagre, congressi ed anche delle attività nelle sale da ballo e discoteche.

Sul piano regionale, ma anche provinciale o addirittura comunale, è poi chiaro che ciascun governatore (o sindaco) possa prendere di volta in volta dei provvedimenti. La pretesa zona "arancione scuro" è nata così, quando alcuni governatori come quello della Lombardia Attilio Fontana hanno emanato delle ordinanze, nelle quali si rinviava all'applicazione delle norme previste a livello nazionale dal Dpcm per le Regioni arancioni, ma vi si aggiungevano ulteriori restrizioni quali la sospensione della didattica nelle scuole medie e superiori o il divieto di raggiungere le cosiddette "seconde case". Tuttavia, ribadiamolo, la zona "arancione scuro", di per sé non esiste, poiché banalmente non è stata "canonizzata", cioè non vi è da nessuna parte una definizione delle specifiche restrizioni che vi corrisponderebbero.

Dinanzi a condizioni epidemiologiche che lo richiedano, ciascun governatore è naturalmente legittimato a firmare un'ordinanza che parta da un rinvio all'Art. 2 del Dpcm ora in vigore, cioè appunto quello che definisce la zona arancione, e però contenga anche delle ulteriori misure restrittive ma che possono risultare, di volta in volta, differenti tra loro. Per la zona gialla lo ha fatto Zaia in Veneto, oppure lo ha fatto nelle scorse ore persino il governatore della Sardegna per stringere un filino la zona bianca. Si parli allora di zona gialla "plus", oppure di zona bianca "rafforzata", e dunque di zona arancione "plus" o "rafforzata", ma si eviti il proliferare di sfumature cromatiche che possono solo generare ulteriore confusione. 

Il rientro alla residenza, domicilio o abitazione e le cosiddette "seconde case"

La premessa è che il nuovo Dpcm che dovrà entrare in vigore dal 6 marzo per durare fino a dopo Pasqua, ancora ufficialmente non c'è. La bozza che è circolata fornisce però delle indicazioni sull'annoso tema degli "spostamenti", cosi come lo fa in via sostanziale ed ufficiale il già citato decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15. Lo schema del nuovo Dpcm è nei fatti identico in materia di "mobilità" al precedente, con alcune piccole variazioni. Proprio il decreto-legge appena citato e già in vigore ha istituito il divieto di spostamento tra Regioni diverse, a prescindere dal loro colore, salvo motivi di lavoro, necessità o salute, fino al prossimo 27 marzo 2021. Allo stesso tempo, tuttavia, tale decreto-legge all'Art. 2 comma 1 ribadisce che «è comunque consentito il rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione». Questa stessa formula è poi ripresa anche nella bozza del Dpcm al Capo I Art. 2 che riguarda le «misure di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale», così come ricorre al Capo IV Art. 34 comma 1 dove si legge ancora una volta quanto segue:

«È vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori in zona arancione salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute. Sono comunque consentiti gli spostamenti strettamente necessari ad assicurare lo svolgimento della didattica in presenza nei limiti in cui la stessa è consentita. È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». 

Prendiamo ora il Capo V della bozza del Dpcm che riguarda le «misure di contenimento del contagio che si applicano in Zona rossa» e che all'Art. 39 comma 1 dispone:

«È vietato ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori in zona rossa nonché all'interno dei medesimi territori, salvo che per gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute».

Sempre nel medesimo Art. 39 ma al comma 3, si legge infine che anche per i territori in zona rossa vale la seguente disposizione:

«È consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza».

Ora, tutta questa lunga tirata, semplicemente per dire che nulla è cambiato rispetto a prima nella bozza del nuovo Dpcm, ed allora non si spiegano le interpretazioni sinora apparse su molti quotidiani, e persino agenzie di stampa autorevoli come l'Ansa, in merito agli spostamenti verso le "seconde case". Anzitutto, va ribadito per l'ennesima volta che nella bozza del Dpcm non si fa alcuna menzione esplicita delle "seconde case". Eppure l'Ansa ad esempio scrive quanto segue:

«È consentito recarsi nelle seconde case in zona gialla o arancione (anche se si trovano fuori Regione) solo al nucleo familiare e soltanto se la casa è disabitata. Non è possibile invece - a meno di urgenti e necessari motivi - se le abitazioni sono in zone rosse o arancione scuro».

Anche il Corriere della Sera fornisce la seguente indicazione circa il tema delle "seconde case":

«Si può andare nelle seconde case se si trovano in fascia bianca, gialla e arancione. Non si può andare se la seconda casa si trova in una zona in fascia arancione scuro e in fascia rossa».

E poi ancora viene aggiunto nel medesimo articolo che «chi vive in una zona in fascia arancione scuro o in fascia rossa» non può andare nelle "seconde case" che si trovano in fascia bianca, gialla o arancione, perché «è vietato uscire da quei territori».

Ora, cerchiamo di mettere in fila alcune cose. Esiste una disposizione specifica nei testi dei Dpcm o decreti-legge o persino nella bozza dell'ultimo Dpcm che dica chiaramente è consentito spostarsi verso una seconda casa? La risposta è "no". Però con l'ultimo Dpcm è stato possibile andarci, noterà qualcuno. Esatto, ma il meccanismo per il quale ciò era consentito faceva riferimento alla nozione di "rientro", e nello specifico di rientro alla residenza, domicilio ed abitazione. Il ragionamento fatto dal governo, è stato questo: poiché una cosiddetta "seconda casa" può, sottolineiamo la parola può, coincidere con il proprio "domicilio" o la propria "abitazione", anche se questa "seconda casa" è in un'altra Regione ed anche se chi la vuole raggiungere facendovi "rientro" parte da una zona rossa, gli è consentito farlo essendo che il Dpcm, sia quello in scadenza che quello in bozza, prevede sempre sia consentito, da e verso qualunque zona di rischio, per l'appunto «il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza».

Il problema, tuttavia, è che la stragrande maggioranza delle persone quando pensa alle "seconde case" si riferisce generalmente alle "case vacanza", cioè quel luogo dove nel corso di un anno trascorre magari occasionalmente una decina di giorni in villeggiatura. La "seconda casa" intesa come "casa vacanza", in realtà, non sarebbe stato ammesso raggiungerla, anche se probabilmente ciò è avvenuto in molti casi nelle scorse settimane, proprio poiché essa, a rigore, non coincide né con la definizione giuridica di "domicilio" (cioè «il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi»), né tantomeno con la definizione di "abitazione" che il governo ha dato ai fini dell'applicazione delle norme anti-Covd, cioè a dire:

«Ai fini dell’applicazione dei provvedimenti anti-Covid, dunque, l’abitazione va individuata come il luogo dove si abita di fatto, con una certa continuità e stabilità (quindi per periodi continuativi, anche se limitati, durante l’anno) o con abituale periodicità e frequenza (per esempio in alcuni giorni della settimana per motivi di lavoro, di studio o per altre esigenze)». 

Se la mia "seconda casa", quindi una casa diversa dalla mia principale che è quella dove ho la "residenza" (definita giuridicamente come «il luogo in cui la persona ha la dimora abituale»), non corrisponde né al mio "domicilio" né alla definizione data dal governo di "abitazione", va da sé che io non sono in alcun caso autorizzato a "farvi rientro" varcando i confini regionali, o addirittura anche solo quelli comunali se vivo in un territorio zona arancione o rossa. Questo perché nei decreti non c'è affatto scritto è consentito il rientro alla propria "seconda casa", né tanto meno troviamo scritto che è consentito il rientro alla propria "casa vacanza" (quindi autorizzando degli spostamenti a fini turistici che invece restano vietati), bensì solo e semplicemente «è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza».

Tuttavia, aggiungiamo, anche nella bozza del nuovo Dpcm non sussiste alcun riferimento ostativo specifico nei confronti delle zone rosse (né tantomeno delle zone "arancione scuro" che, come detto, non esistono proprio nella normativa nazionale) in grado di limitare la possibilità del "rientro" alla propria residenza, domicilio o abitazione. Dal che si deduce come, in realtà, sia che si parta da una zona gialla, sia che si viva in una zona rossa, sia che si abbia la propria "seconda casa" in zona gialla, bianca, arancione o rossa, qualora la propria "seconda casa" coincida con i concetti di "domicilio" oppure di "abitazione", si è sempre legittimati a "farvi rientro", avendone avuto titolo da prima del 14 gennaio 2021 per il Dpcm in vigore e, verosimilmente, dalla data di entrata in vigore del nuovo Dpcm una volta che sarà stato firmato. Non a caso, il governo stesso nelle Faq scriveva: «Proprio perché si tratta di una possibilità limitata al "rientro", è possibile raggiungere le seconde case, anche in un'altra Regione o Provincia autonoma (e anche da o verso le zone "arancione" o "rossa")». Più chiaro di così.

Il divieto regionale di recarsi nelle "seconde case" elimina il «rientro al domicilio o abitazione»?

Resta il fatto che, come avvenuto nell'ordinanza di Regione Lombardia, alcuni governatori possono prevedere il divieto di spostamento verso le "seconde case". Nel provvedimento firmato dal presidente Attilio Fontana, ad esempio, la previsione è formulata richiamando il divieto di «recarsi presso le proprie abitazioni diverse da quella principale (c.d. seconde case) ubicate in territori della Provincia di Brescia e dei predetti Comuni». Un divieto che, viene ribadito in due distinti commi (5 e 6 dell'Art. 1), vale sia per chi abita in quei territori, ma anche per «coloro che non risiedono nel territorio della Provincia di Brescia», cioè tutti gli altri cittadini che potrebbero avere una "seconda casa".

Il problema è però capire cosa si intenda qui per "seconda casa", cioè appunto la "seconda casa" per le vacanze, oppure l'ordinanza vieta addirittura di recarsi persino presso il proprio "domicilio", poniamo ad uno studente fuori sede che studi a Brescia, oppure ad un medico specializzando dell'ospedale di Brescia che ha la sua residenza a Padova o a Verona, ma appunto ha la sua "seconda casa" intesa quale "domicilio" in un Comune bresciano, affitto o proprietà che sia, comunque «sede principale dei suoi affari e interessi» poiché appunto vi studia/lavora? Un conto è vietare ad un cittadino di Verona di andare nel weekend nella sua "seconda casa" di Sirmione per farsi il fine setttimana di villeggiatura sul lago di Garda sponda bresciana, un altro è vietare l'accesso al proprio domicilio in un Comune bresciano dove un cittadino veronese lavora.

Lo abbiamo già scritto altrove, a nostro avviso l'ordinanza di Regione Lombardia non può che vietare di «recarsi» nelle "seconde case vacanza", altrimenti sarebbe un provvedimento di una gravità inaudita, oltre che essere contraddittorio proprio ai fini del contenimento del contagio: un lavoratore residente a Verona con legittimo domicilio a Desenzano o Brescia non potrebbe «recarsi» nella propria "seconda casa" intesa come "domicilio" dalla quale poi muoversi per andare al lavoro, ma nulla gli vieterebbe di fare il pendolare, magari con mezzi pubblici come il treno e rischi epidemiologici annessi, dalla sua residenza al posto di lavoro e, dunque, varcare comunque i confini regionali (e della provincia di Brescia) per "comprovate esigenze lavorative". 

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