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Cronaca Centro storico / Piazza Bra

Nuovo Dpcm fino a Pasqua. Dal coprifuoco ai bar, cinema e palestre: i dubbi e le certezze

Quali saranno le misure del prossimo Dpcm in vigore dal 6 marzo fino a dopo pasquetta?

La data di scadenza del Dpcm ad oggi vigente è il 5 marzo, cioè venerdì della prossima settimana, ed in merito a quel che accadrà dopo vi sono oggi già alcune certezze. La prima, su tutte, è che anche il governo Draghi utilizzerà lo stesso strumento normativo impiegato per gestire la pandemia dal governo "Conte due", vale a dire il criticatissimo Decreto del presidente del Consiglio dei ministri, Dpcm per l'appunto. Da Matteo Renzi a vari costituzionalisti, in tanti avevano espresso perplessità nei mesi scorsi circa questa tipologia di atto amministrativo per imporre limitazioni severe alle libertà dei cittadini, ma tant'è, proprio ieri il ministro della Salute Roberto Speranza ha annunciato al Senato che il governo adotterà un nuovo Dpcm che sostituirà quello in scadenza. Ma non solo, il ministro Speranza ha anche rivelato che il nuovo provvedimento a firma Mario Draghi sarà in vigore dal 6 marzo fino al prossimo 6 aprile 2021, il che significa coprendo anche i giorni di Pasqua e pasquetta che, calendario alla mano, cadranno quest'anno domenica 4 e lunedì 5 aprile. 

Quali saranno le misure contenute nel nuovo Dpcm "pasquale"? Ad oggi non è ancora dato saperlo con esattezza, ma vi sono diverse cose che si possono affermare con un buon grado di precisione. La prima considerazione generale da fare è che dal discorso al parlamento del ministro Speranza, la sensazione che si è avuta non è affatto quella di possibili allentamenti nelle misure, nonostante le pressioni in tal senso non manchino sia a livello di società civile, sia all'interno degli stessi partiti che compongono l'attuale maggioranza di governo (la Lega di Matteo Salvini su tutti). Il ministro della Salute, al contrario, ha chiaramente detto che i dati epidemiologici oggi lasciano pochi margini, oltre al fatto che la diffusione delle varianti del virus, da quella inglese destinata a divenire prevalente in Italia a quelle brasiliana e sudafricana che possono incidere negativamente sull'efficacia vaccinale, tutto lascia propendere per una nuova "stretta" all'orizzonte con norme ancora più restrittive e non tanto a possibili allentamenti. 

Il coprifuocco

Un primo dato certo è che il coprifuoco per come lo si è sin qui conosciuto resterà immutato. Tra le ore 22 e le 5 del giorno seguente si potrà circolare solo per comprovate esigenze lavorative, situazioni di necessità o motivi di salute. Lo si può evincere dall'esplicito richiamo a tale peculiare restrizione che è stata fatta nel decreto-legge 23 febbraio 2021, n. 15 già ufficialmente in vigore da ieri. 

La suddivisione in zone "colorate" dell'Italia

Altro elemento cardine nella gestione della pandemia adottata dal precedente governo e che con Draghi non muterà di una virgola, è la suddivisione del Paese in differenti fasce di rischio, cui corrispondono quattro colori. Sono le famose quattro zone, cioè la bianca, la gialla, l'arancione e la rossa. Il tutto è stato reso ancora più esplicito ed organico con il decreto-legge appena citato che ha sistematizzato tale «denominazione del territorio nazionale in zone», ribadendo i parametri che stabiliscono l'accesso di un territorio nell'una o nell'altra area di rischio. Resteranno dunque tutti i vari passaggi già noti anche dopo il 5 marzo: dal monitoraggio dellla Cabina di regia nazionale, alle ordinanze del ministro della Salute che classificherà le Regioni, ma che, piccola novità, non entreranno più in vigore dalla domenica bensì dal lunedì. Oltre a ciò, lo si è già visto, saranno i singoli governatori di Regione, di comune accordo col ministero della Salute, ad intervenire con veri e propri micro-lockdown chirurgici a livello sub-regionale, dunque provinciale o persino comunale, qualora si presentino focolai dovuti alle varianti del virus, in particolare le due più temute che sono la brasiliana e la sudafricana.

Spostamenti e divieti

Il dato certo è che già da ieri e fino al prossimo 27 marzo 2021, permane sull'intero territorio nazionale il divieto di spostarsi tra differenti Regioni, salvo sussistano dei comprovati motivi di lavoro, oppure situazioni di necessità, o ancora dei motivi di salute. Oltre a ciò, resta la possibilità di compiere una sola volta al giorno, tra le 5 e le 22, di spostarsi in al massimo due persone (esclusi i figli minori di anni 14 e soggetti disabili) per raggiungere un'abitazione privata abitata e fare così visita a parenti o amici. Una possibilità che è però ammessa solo in zona gialla ed in zona arancione, rispettando le seguenti restrizioni territoriali:

  • ZONA GIALLA: visita a casa massimo una volta al giorno solo all'interno della propria Regione.
  • ZONA ARANCIONE: visita a casa massimo una volta al giorno solo all'interno del proprio Comune.

In zona rossa, già da ieri, non è più consentito spostarsi per andare a casa di altri, salvo vi siano concrete situazioni di necessità, motivi di salute o comprovate esigenze lavorative.

Per i territori in zona arancione, anche con il nuovo Dpcm resterà la cosiddetta deroga dei "30 km" che permette a chi viva in Comuni con popolazione inferiore ai 5 mila abitanti di spostarsi liberamente anche al di fuori del proprio confine comunale, restando però nel raggio massimo di 30 chilometri.

Bar e ristoranti aperti fino alle 22?

Prosegue il pressing sull'esecutivo da parte non solo delle associazioni di categoria, ma anche di alcuni governatori di Regione, affinché almeno in zona gialla venga consentito che i locali del settore "ristorazione" possano restare aperti ed accogliere i clienti al tavolo anche per cena. Resta tuttavia altamente improbabile che nel prossimo Dpcm e, dunque, fino a Pasqua compresa, questa ipotesi si concretizzi.

Palestre e piscine ancora chiuse?

Vi erano stati segnali di cambiamento, con la diffusione di un possibile protocollo per la riapertura delle palestre e delle piscine, ma con la rapida evoluzione del quadro epidemiologico segnato in particolare dai timori nei confronti delle varianti del virus, tutto lascia pensare che le raccomandazioni del Comitato tecnico scientifico all'insegna della massima prudenza, saranno anche questa volta decisive per le scelte del governo Draghi. Parrebbe essere in fase di studio la possibilità di concedere nelle palestre o piscine esclusivamente lo svolgimento di lezioni individuali. I prossimi giorni di confronto anche con le Regioni e i dati del monitoraggio di venerdì potrebbero essere dirimenti al riguardo.

Cinema e teatri ancora chiusi?

I segnali di apertura, oltre alle proteste dei lavoratori dello spettacolo, non sono mancati negli scorsi giorni, con il ministro della Cultura Dario Franceschini che ha chiaramente auspicato che l'Italia sia la prima nazione a riaprire le sale, sempre ovviamente nel rigoroso rispetto di stringenti protocolli. In particolare in un documento depositato al Cts si prevede l'obbligo di mascherine Ffp2 anche durante gli spettaccoli, oltre a biglietti nominali e tracciabili, contingentamento degli ingressi e spettacoli entro le ore 22. Ad oggi pare però che un allentamento delle misure in questa fase non sia così probabile e, dunque, appare difficile che il nuovo Dpcm in arrivo possa prevedere la riapertura di cinema e teatri. Qualche spiraglio in più si potrebbe fose intravedere in relazione ai musei che, in zona gialla, già erano stati riaperti ma solo durante la settimana, mentre col nuovo decreto a firma Draghi non è da escludere che possano finalmente tornare ad essere visitabili anche nel weekend.

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Le seconde case

Sul punto specifico è necessario fare una riflessione. La nostra sensazione è che i nodi stiano venendo al pettine e che, soprattutto sui giornali dove in merito alle "seconde case" è stata fatta una confusione enorme, oggi si stia facendo ancora peggio. La prima considerazione è che il Dpcm del 14 gennaio scorso in scadenza il 5 marzo non menziona mai le "seconde case", espressione che nel testo del decreto semplicemente non esiste. Ciò che viene affermato è solo che è consentito fare rientro alla propria residenza, domicilio o abitazione. Questi tre vocaboli, hanno ciascuno una propria definizione, i primi due giuridicamente riconosciuta, mentre la parola "abitazione" è stato il governo stesso nelle Faq a spiegare come vada intesa ai fini dell'applicazione delle norme anti-Covid. 

Ora, quel che sempre nelle Faq ufficiali del governo viene affermato oggi è semplicemente che se una persona si trova ad avere (proprietà o affitto) una "seconda casa" rispetto alla propria principale, vi può fare rientro qualora essa corrisponda al suo "domicilio" o alla sua "abitazione", proprio perché nel Dpcm si trova scritto che «è consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza». Una "seconda casa", per definizione, non può corrispondere alla propria casa di "residenza". Il problema sta tutto nell'assenza di definizione della cosiddetta "seconda casa" che può venire intesa, generando grande confusione, talvolta come appunto l'abitazione non principale di una persona e che può però coincidere con il suo "domicilio" o la sua "abitazione" (seguendo la definizione data dal governo), ma in altri casi può essere intesa come la "casa vacanza" nella quale ci si reca occasionalmente per finalità turistiche (lo aveva fatto il governo stesso implicitamente nel Dpcm del 3 novembre 2020).

Non è dato sapre come verrà scritto il Dpcm prossimo, ma prendendo l'ordinanza di Regione Lombardia che ha istituito nell'intera provincia di Brescia l'applicazione dell'Art. 2 del Dpcm 14 gennaio 2021, cioè le norme della zona arancione, rafforzandola con altre disposizioni, si legge che è vietato «recarsi presso le proprie abitazioni diverse da quella principale (c.d. seconde case) ubicate in territori della Provincia di Brescia», e ciò vale sia per chi risieda in tale provincia sia per chi risieda altrove. È chiaro quindi che un cittadino di Verona che possegga una "seconda casa" sul lago a Sirmione che usa per le proprie vacanze, oggi non vi si può recare fino almeno al 2 marzo 2021 quando, salvo proroghe, scadrà l'ordinanza regionale lombarda.

La domanda delle domande è però questa: se una persona è residente a Verona, ma ha il suo "domicilio" in un Comune bresciano, cioè ha qui «stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi» perché lavora in quel Comune, può farvi rientro? O viceversa, se una persona residente a Desenzano lavora però a Padova dove ha il suo "domicilio", può fare rientro alla sua "residenza" bresciana? I due casi ai sensi del Dpcm, Art. 2 comma 4, si equivalgono e perciò la risposta, a nostro avviso, non può che essere affermativa in entrambe le circostanze, e ciò vale anche per il concetto di "abitazione" nella definizione datane dal governo. L'ordinanza regionale non vieta esplicitamente "il rientro" al domicilio, residenza o abitazione, dal che si può dunque concludere che nell'ordinanza di Regione Lombardia le «c.d. seconde case» siano in realtà da intendersi quali appunto "case vacanza". In breve, ammettiamo pure che una "seconda casa" possa coincidere con il proprio "domicilio" o la propria "abitazione" come sostiene il governo, ma il proprio "domicilio" e la propria "abitazione" sono anzitutto una "seconda casa" oppure al contrario essi sono in prima istanza appunto il proprio "domicilio" (con tanto di definizione giuridica) e la propria "abitazione" (con definizione governativa)? Inutile nascondersi, tuttavia, che l'ambiguità e la confusione possibili su tale punto specifico siano assolute e, purtroppo, destinate ad aumentare.

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