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Cronaca Porto San Pancrazio / Lungadige Galtarossa

Sulle torture nella questura di Verona «non si parli di "mele marce"»

Intervento del Garante dei diritti delle persone private della libertà durante la relazione in Parlamento: «C'è una cultura minoritaria tra gli operatori di polizia, che percepiscono la persona detenuta come nemico da sconfiggere e non come autore di reato»

Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma ha espresso sconcerto per alcuni «atti giudiziari, immagini, conversazioni intercettate relativamente a corpi di polizia diversi che si sono riproposti in questi giorni». Lo ha fatto questa mattina, 15 giugno, nella Sala della Regina di Montecitorio, presentando al Parlamento la sua annuale relazione.

Palma non lo ha detto esplicitamente ma è stato comunque chiaro il riferimento ai poliziotti veronesi arrestati e indagati per le presunte torture e violenze inflitte ad alcuni cittadini fermati e portati in questura durante i controlli. Palma ha dichiarato che «tali gravissimi casi non sono rappresentativi della cultura generale delle forze di polizia del nostro Paese» e che «tutti noi siamo consapevoli del livello di democrazia e della professionalità raggiunti negli anni recenti». Ma il garante ha voluto mettere in guardia da quello che ha definito «il paradigma autoconsolatorio delle "mele marce"». Un paradigma che non permette di cogliere «una cultura che oggi alberga, minoritaria, ma esistente, in settori di operatori di polizia, che percepiscono la persona fermata, arrestata o comunque detenuta, come nemico da sconfiggere e non come autore di reato a cui viene inflitta quella sanzione che la legge prevede e dei cui diritti si è responsabili nel momento in cui la si detiene».

Mauro Palma ha infine riconosciuto le difficoltà dei compito che ogni giorno impegnano i membri delle forze dell'ordine. Questa argomentazione però non deve essere «mai giustificativa e il porla nell’immediatezza di un accertamento, quasi a diminuire la gravità di quanto acclarato, rischia di assecondare quella cultura di silenzi, di compiacimento, di inadempienza del proprio obbligo di denuncia che può sconfinare nell'omertà».

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