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Regole sul fine vita non passano in Regione. «Colpa di Bigon»

I partiti di opposizione non hanno approfittato delle divisioni della maggioranza per far passare la legge su procedure e tempi per il suicidio medicalmente assistito. E la caccia al colpevole si è concentrata sulla consigliera veronese del PD

Si dice che dopo un insuccesso bisognerebbe trovare le cause che hanno portato all'insuccesso e non i colpevoli dell'insuccesso. Ed è proprio quello che il centrosinistra veneto non sta facendo. Perché quello di ieri, 16 gennaio, è stato senza dubbio un insuccesso del centrosinistra, il quale è stato incapace di approfittare delle divisioni della maggioranza in consiglio regionale per far passare la legge di iniziativa popolare che avrebbe normato procedure e tempi per il suicidio medicalmente assistito. Ma di fronte questo insuccesso, il centrosinistra non cerca le cause, cerca i colpevoli. Ed un colpevole l'ha anche trovato. È la consigliera regionale del Partito Democratico Anna Maria Bigon, l'unica del suo gruppo che si è astenuta durante la votazione di ieri. Votazione che non ha dato il via libera alla proposta di legge proprio per un voto.

Quel voto mancato è diventato il suo voto mancato, il voto di Anna Maria Bigon, additata oggi come la colpevole dell'insuccesso. Eppure, si sapeva che la consigliera veronese non avrebbe dato il suo voto favorevole. Nel suo intervento in aula, Bigon ha dichiarato: «Stiamo trattando uno degli aspetti più intimi della vita di un uomo, che ci grava di una grande responsabilità. Elemento indispensabile per garantire l’effettività dell’autodeterminazione di ogni persona è la disponibilità delle cure palliative, che vanno potenziate e che potrebbero ridurre le domande di suicidio medicalmente assistito». Parole che poi hanno accompagnato il suo voto di astensione, ritenuto poi determinante. «Non mi sono astenuta solo io e ci sono stati anche voti contrari. Non capisco perché il mio voto sarebbe stato determinante», ha commentato Bigon a PadovaOggi, aggiungendo: «La competenza deve essere dello Stato. È un tema etico. Fa strano che ho votato con Fratelli d'Italia ma non lo è anche sottintendere che ci sarebbero stati accordi tra il mio partito e la Lega? Il voto va espresso con libertà di coscienza, una libertà che ci lascia il partito».

Anna Maria Bigon ha dunque rivendicato la libertà di coscienza, smentendo di aver ricevuto ordini, pressioni o indicazioni. Una ricostruzione, però, leggermente diversa da quella fornita pubblicamente da Vanessa Camani, la consigliera regionale che è anche capogruppo del PD. «Come Partito Democratico - ha spiegato Camani - abbiamo sostenuto convintamente questa proposta. Siamo molto dispiaciuti per il voto espresso dalla consigliera Bigon, alla quale abbiamo riconosciuto piena legittimità e libertà. Detto ciò, il rammarico sta nel fatto che la consigliera, pur consapevole che il suo voto avrebbe fatto da ago della bilancia, cosa che le è stata ricordata, non abbia optato per una scelta diversa, dimostrando così un atteggiamento non rispettoso e che acuisce le distanze all'interno del gruppo».

Anche Elena Ostanel, consigliera regionale del gruppo Il Veneto che Vogliamo, ha espresso delusione per l'esito del voto. Una delusione resa ancora più dolorosa dal fatto «che questa bocciatura si è determinata per un solo voto, come quello di astensione di Anna Maria Bigon. Potevamo segnare un momento positivo importante, ma molti non ne sono stati all'altezza».

«I persistenti conservatorismi l'hanno avuta vinta, sia per la défaillance delle sedicenti voci liberali e moderate, che ormai sono acquattate sotto l’ombrello della destra più retrograda; sia per il voto della consigliera Bigon, la quale si è assunta la responsabilità di dividere il fronte progressista delle opposizioni», è stato il commento della consigliera del Movimento 5 Stelle Erika Baldin, la quale nei mesi scorsi aveva temuto un esito negativo durante la votazione. A novembre, quando la proposta di legge era approdata in commissione, Baldin aveva chiesto a tutti i partiti di opposizione in Veneto di rimanere compatti «a sostegno di una proposta di legge che segna un passaggio storico per il Veneto e l'Italia nella cultura dei diritti». Un richiamo caduto nel vuoto.

Come sono cadute nel vuoto le richieste provenienti dall'esterno del consiglio regionale da parte di +Europa, altro partito interno al fronte progressista ma non presente nell'assemblea di Palazzo Ferro Fini. «Per le conte interne al centrodestra e con il contributo di una consigliera conservatrice del PD, Anna Maria Bigon, si è persa l’occasione di approvare una legge utile ai cittadini per l’esercizio di un diritto già riconosciuto - hanno commentato Riccardo Magi, segretario di +Europa, e Corrado Cortese, coordinatore di +Europa Veneto - Una classe politica che ancora una volta cerca di impedire ai propri cittadini di essere liberi fino alla fine. Una brutta pagina per il Veneto e per i suoi cittadini e per la loro libertà di scelta».

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