Incontro alla Feltrinelli con Paolo Rumiz, autore del libro "Il filo infinito"
Venerdì 29 marzo 2019 akke ore 17.00, presso la Feltrinelli di via Quattro Spade 2 a Verona, si terrà l' incontro con Paolo Rumiz, autore del nuovo libro "Il filo infinito" (Feltrinelli). Partecipa Giuseppe Civati.
Quanto c’è ancora di autenticamente cristiano in un Occidente travolto dal materialismo? Sapremo risollevarci da questa situazione senza bisogno di altre guerre e catastrofi? All’urgenza di questi interrogativi Paolo Rumiznel suo ultimo libro Il filo infinito (Feltrinelli) cerca una risposta nei luoghi e tra le persone tengono ancora oggi ben saldo il filo dei valori perduti, e la racconta in un viaggio che è prima di tutto una navigazione interiore.
Che uomini erano quelli che riuscirono a salvare l’Europa con la sola forza della fede. Con l’efficacia di una formula: ora et labora lo fecero proprio nel momento peggiore, negli anni di violenza e anarchia che seguirono la caduta dell’Impero romano, quando le invasioni erano una cosa seria, non una migrazione di diseredati. Ondate violente, spietate, pagane. Li cristianizzarono e li res ero europei con la sola forza dell’esempio. Salvarono una cultura millenaria, rimisero in ordine un territorio devastato e in preda all’abbandono. Costruirono, con i monasteri, dei formidabili presidi di resistenza alla dissoluzione. Sono i discepoli di Benedetto da Norcia, il santo protettore d’Europa.
Paolo Rumiz li ha cercati nelle abbazie, dall’Atlantico fino alle sponde del Danubio. Luoghi più forti delle invasioni e delle guerre. Gli uomini che le abitano vivono secondo una Regola più che mai valida oggi, in un momento in cui i seminatori di terrore cercano di fare a pezzi l’utopia dei padri: quelle nere tonache ci dicono che l’Europa è, prima di tutto, uno spazio millenario di migrazioni. Una terra “lavorata”, dove – a differenza dell’Asia o dell’Africa – è quasi impossibile distinguere fra l’opera della natura e quella dell’uomo. Una terra benedetta che sarebbe insensato blindare. E da dove se non dall’Appennino, un mondo duro, abituato da millenni a risorgere dopo ogni terremoto, poteva venire questa spinta alla ricostruzione dell’Europa? Perchè in fondo cosa hanno fatto i monaci di Benedetto se non piantare presidi di preghiera e lavoro negli spazi più incolti dell’Europa per poi tessere tra loro una salda rete di fili.