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Agricoltura in crisi: «Le imprese non riescono a coprire i costi di produzione»

L'allarme è stato lanciato da Cia Verona in un conferenza stampa tenutasi martedì, durante la quale è stata annunciata la partecipazione alla manifestazione di giovedì 26 ottobre, a Roma, con un pullman di 150 imprenditori agricoli che rappresenteranno il territorio

Nei supermercati i prezzi continuano ad aumentare, ma gli agricoltori sono sempre più poveri. È quanto emerge dalla conferenza stampa tenuta martedì da Cia Verona, che sottolinea come la filiera agricola rimanga l’anello più debole della catena agroalimentare, tra prezzi sempre più risicati pagati ai produttori e crescita dei costi di produzione. Dalla Confederazione Italiana Agricoltori spiegano che, ad esempio, nell'ultimo anno il prezzo della pasta di semola di grano duro è cresciuto al consumo dell’11%, ma il grano duro è stato pagato ai coltivatori il 40% in meno: una situazione definita paradossale, che impone un cambio di passo da parte delle istituzioni per tutelare gli agricoltori e il loro reddito.

Cia – Agricoltori italiani ha quindi lo stato di mobilitazione generale e scenderà in piazza giovedì 26 ottobre, a Roma, per chiedere un piano strategico che metta al centro l’impresa agricola e il suo reddito. Alla manifestazione, come hanno annunciato martedì Andrea Lavagnoli, presidente di Cia Verona, i vicepresidenti Mirko Sella e Andrea Garonzi e la direttrice provinciale Marta Turolla, parteciperà anche l’associazione di Verona con un pullman di 150 imprenditori agricoli, in rappresentanza di un territorio dalla grande diversificazione produttiva e dall'alto valore aggiunto.

Cia Verona, volantino della protesta-2

«Negli ultimi anni, tra le attività economiche, l’agricoltura è stata quella più colpita dalle conseguenze di fenomeni ed eventi epocali – sottolinea Andrea Lavagnoli -. Una crisi innescata nell’autunno 2021 dalla spirale dei rincari energetici, proseguita nella prima parte del 2022 per effetto della guerra russo-ucraina ed esasperata, fino ai giorni recenti, da siccità, eventi climatici e crisi fitosanitarie. In questo contesto, già complesso, vergognosamente le filiere continuano a considerare l’agricoltura come l’anello debole del sistema. In tutti i settori, ormai, le imprese agricole non riescono a coprire i costi di produzione, oltre a subire il peso dell’inflazione, del clima e delle sfide della transizione green, che obbliga gli agricoltori a sostenere elevati oneri finanziari e burocratici. Costa molto produrre e quello che portiamo a casa è sempre meno».

Nessun comparto può considerarsi indenne, ribadiscono da Cia. Momento difficile per i cereali, con crollo del 40% di produzione per il frumento duro e il 37% per il frumento tenero, a fronte dell’aumento del 40% dei costi e di una contrazione delle quotazioni pagate ai produttori del 40%. La frutta è in ginocchio dopo la siccità record del 2022, le gelate estive e gli attacchi degli insetti. La produzione vinicola risente delle irrisolte crisi fitosanitarie, come dimostra l’esplosione di flavescenza dorata nei mesi scorsi. La zootecnia è in forte sofferenza, tra peste suina, calo di produzione della carne bovina pari al 30% e prezzi del latte in diminuzione: diminuiscono le consegne a causa degli alti costi e si registra una riduzione dell’1,8% degli acquisti di latte e derivati da parte delle famiglie.

Cia Verona, volantino della protesta-2

«Di fronte a una crisi di portata globale è arrivato il momento di tutelare gli agricoltori e il loro ruolo nell’economia e nella società – dice Lavagnoli -. Dopo anni di promesse, le problematiche del settore restano irrisolte. Sono insufficienti le soluzioni adottate per far fronte alle difficoltà di reperimento della manodopera. Poco si è fatto per la gestione della fauna selvatica, con danni in aumento, così come per le calamità naturali e le crisi fitosanitarie, dato che gli strumenti nazionali coprono meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano sempre in ritardo. Chiediamo che la sovranità alimentare non rimanga uno slogan, ma venga messa in pratica con la redistribuzione del valore con costi certificati e prezzi adeguati, reciprocità delle regole commerciali sul fronte della concorrenza estera e più ricerca per la tutela delle produzioni».

Per quanto riguarda la discrepanza dei prezzi tra il campo e la tavola, che crescono in media a tre cifre, Cia propone di «distribuire sulla fase a monte una quota di tale incremento, che consentirebbe agli agricoltori il giusto reddito per continuare a produrre qualità, senza alterare gli equilibri della filiera. Occorre con urgenza aggiornare la normativa sulle pratiche sleali – conclude Lavagnoli -, certificando i costi di produzione agricola e assicurando prezzi dignitosi agli agricoltori. Se i coltivatori abbandonano la produzione, crolla la filiera e, con essa, il made in Italy agroalimentare».

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