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Lutto nel mondo del basket: è morto a 47 anni Henry "High Fly!" Williams

Era arrivato in Italia nel 1993 con la Scaligera, ma aveva indossato anche le maglie di Treviso, Roma e Napoli, facendo breccia nel cuore dei tifosi: a strapparlo ai suoi cari, una malattia che lo aveva colpito ai reni

Un profondo lutto ha colpito in queste ore gli appasionati di basket veronesi, trevigiani e non solo: all'età di 47 anni infatti si è spento a Charlotte, negli Stati Uniti, Henry "High Fly!" Williams. 

La guardia americana arrivò nel gennaio '93 alla Scaligera con un contratto a gettone, salvo poi guadagnarsi la conferma e trascinare la squadra allora allenata da Marcelletti in A1 e alla semifinale scudetto l'anno successivo. Nel 1995 il suo passaggio a Treviso, dove vinse Scudetto, Supercoppa, Coppa Saporta e titolo Mvp, prima di andare a Roma nel 1999, dove conquistò un'altra Supercoppa, e tornare a Verona per giocare l'Eurolega. Le ultime sue apparizioni sui parquet italiani furono con la maglia di Napoli nel 2002, poi, interrotta la carriera, divenne un predicatore battista. 

La sua capacità di schiacciare nonostante l'altezza non vertiginosa, le sue giocate e i suoi canestri, gli hanno permesso di fare breccia nel cuore dei tifosi e di affermarsi come una delle migliori guardie degli anni '90. 
Nel 2014 però ecco l'annuncio: un rene che da già da qualche tempo non funzionava, la malattia, la dialisi e l'attesa di un trapianto. Un'attesa che tristemente è terminata nella mattinata americana del 13 marzo, lasciando un grande dolore in tutti gli appasionati della palla a spicchi. 

"Era una persona bellissima, un grande giocatore". Lo ricorda così Riccado Pittis, capitano della Benetton basket, il quale ha trascorso quattro anni in maglia bianco-verde al fianco del compianto "Hi Fly", sotto la guida di Mike D'antoni e di Zelimir Obradovic.

"Era un grandissimo professionista, con un grande carattere, sempre solare. - continua Pittis - Ricordo che in spogliatoio lo prendavamo sempre in giro, in maniera bonaria, in quanto era il predicatore di Indianapolis, ma lui, con la sua spiritualità, la prendeva sempre con simpatia. Il ricordo più grande che mi porto dentro è naturalmente la finale scudetto del '97, assieme a tantissime altre vittorie insieme", conclude Pittis.

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