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Frates nuovo coach della Tezenis: "Ho sempre sperato di venire a Verona"

Il nuovo coach della Scaligera Basket è stato presentato ufficialmente nella sede della società: "È un bel progetto, sono molto orgoglioso e onorato di essere qui e farne parte"

È stata ufficialmente inaugurata la nuova era di Fabrizio Frates sulla panchina della Tezenis. Il coach è stato presentato ufficialmente nella sede di via Cristofoli e a lui sono state affidate le speranze di risalita della Scaligera Basket. Ecco le sue parole. 

È un bel progetto, sono molto orgoglioso e onorato di essere qui e farne parte. Contento che una società gloriosa come Verona abbia pensato a me per ricostruire la squadra. Siamo ripartiti da zero, tenuto solo Giorgio Boscagin come elemento di continuità col passato, abbiamo nove ragazzi nuovi e scelto tanti emergenti che avessero le stesse nostre motivazioni. Questo è stato il leitmotiv del nostro mercato nella formazione del roster, anche nell’individuare degli americani. Canty è del ’93, Frazier del ’94, in più c’è Totè del ’97. Abbiamo una squadra giovanissima. Speriamo di divertirci e di aver azzeccato le scelte.
Ho sempre sperato di poter venire a lavorare a Verona, una destinazione prestigiosa che mi piaceva tantissimo già in passato. Il programma della Tezenis è un messaggio forte a tutto il movimento. Siamo andati a cercare ragazzi in un momento-chiave della loro carriera. Se loro diventeranno più forti diventeremo più forti anche noi, per riuscire magari a raggiungere insieme certi traguardi.
Il filo conduttore canturino? Io e Daniele Della Fiori siamo di generazioni diverse, il papà di Daniele è stato un grande giocatore ma non l’ho mai allenato. Daniele è diventato manager quando io ero già andato via. Questo filo conduttore in effetti unisce il disegno di Verona con la grande Cantù di allora, sempre in prima fila in Italia per progettare squadre partendo dal settore giovanile e lanciando sempre giocatori nuovi nella massima serie. Anche questa Tezenis è stata concepita così.
La prossima A2? Durissima, con una formula che prevede 32 squadre ed una sola promozione. Abbiamo tutti visto che battaglia c’è stata la passata stagione per arrivare in fondo. Ci sono piazze che hanno fatto la storia della pallacanestro italiana. C’è Treviso, ci sono le due di Bologna, c’è Trieste, c’è Udine, c’è Roma. Sarà un campionato entusiasmante, caratterizzato come sempre da grandissimo equilibrio. Speriamo di avere sempre la carica giusta e di essere competitivi, con tanta energia da mettere in campo e da trasmettere al nostro pubblico. La Serie A2 l’ho vinta con squadre ricche di veterani come a Gorizia, dove avevo Antonello Riva, Sly Gray che Verona conosce molto bene, Tonut e Pol Bodetto così come ad Arese con Capone e Aldi. Ho vinto però anche con una squadra giovanissima come Reggio Emilia, in cui cresceva Angelo Gigli che può essere il trait d’union col nostro Totè. Non necessariamente una stagione positiva passa da giocatori esperti. Un po’ di mestiere, certo, ci vuole. Noi l’abbiamo con Boscagin, a cui abbiamo messo a fianco giocatori solidi come Portannese e DiLiegro che la categoria la conoscono bene. Con loro ci sarà la voglia dei più giovani di diventare giocatori importanti.
Un confronto col passato? Il basket di oggi è totalmente cambiato rispetto ai tempi in cui io e Verona ci incrociavamo regolarmente. Non sarà bellissimo come ricordo per i veronesi ma lo è certamente per me la vittoria della Coppa Italia del 1993 con Treviso con squadre onestamente non paragonabili rispetto ad oggi. Allora c’erano risorse diverse e quindi giocatori, americani compresi, di primissima fascia. C’era Williams, c’era Iuzzolino, c’era Gray che oltre a Gorizia ho allenato anche a Siena. Certi giocatori la pallacanestro italiana ora non se li può permettere.
L’oro di Viviani a Rio? Ieri sera ho visto la gara, è stata davvero emozionante. L’omnium poi è una specialità molto difficile anche da seguire. È stato bravissimo, dopo una serie di delusioni a partire dalle ultime Olimpiadi di Londra. Sono sicuro che sia stata la serata più bella della sua vita. Anzi, ne sono sicuro. Non fu oro, ma l’argento del 2004 con l’Italia resta per me un ricordo indelebile e qualcosa che fa venire la pelle d’oca anche ora a raccontarlo nonostante siano passati 12 anni. Spero che Viviani possa venire a vedere qualche nostra partita e che possa incontrare i nostri ragazzi, proprio perché il nostro è un gruppo giovane. Sicuramente saprebbe mandargli messaggi molto importanti, spiegandogli la sua esperienza e quanto la costanza, l’impegno e il non abbandonare mai la lotta anche se qualcosa non è andato dritto siano concetti che devono appartenere a qualsiasi atleta che vuole migliorarsi.

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