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Interviste

Le migrazioni riportano in Italia malattie debellate

Di questo si parler all'ospedale Sacro Cuore di Negrar durante un convegno internazionale

Malattie storicamente limitate ad una determinata area del pianeta o patologie che si credevano debellate in Italia, con lo spostamento migratorio di grandi masse di persone da un continente all’altro giungono o ritornano ad essere oggetto di interesse per la salute pubblica. Due esempi paradigmatici sono da un lato la malattia di Chagas e dall’altro la tubercolosi.

Di questo si parlerà venerdì 29 aprile all’ospedale Sacro Cuore-Don Calabria di Negrar in un convegno internazionale organizzato dal Centro per le malattie tropicali del nosocomio della Valpolicella, diretto dal dottor Zeno Bisoffi, realtà di riferimento nazionale per la diagnosi e la cura di patologie originarie dei Paesi in di sviluppo. Il simposio, promosso in collaborazione con il Progetto Europeo COHEMI sulla salute dei migranti latinoamericani (coordinato dall’Istituto Mario Negri a cui partecipa il Centro di Negrar) e con la Società italiana di medicina tropicale (Simet), vede tra i relatori due rappresentanti del Dipartimento malattie tropicali neglette dell’Oms, Jean Jeannin e Pedro Albajar-Vinas; di Giuliano Grazzini, direttore del Centro nazionale sangue, organo del ministero della Salute; di Paolo Grossi, second opinion nazionale per la patologia infettiva del trapianto; di Alberto Matteelli, dirigente medico della Clinica di Malattie infettive tropicali e tropicali dell’Università di Brescia, centro collaboratore Oms per la tubercolosi.

Il primo obiettivo dell’incontro è quello di fare il punto sullo stato dell’arte dei programmi di prevenzione nei Paesi non endemici della malattia di Chagas. Si stima che in Italia siano colpiti 6mila immigrati dall’America Latina - spesso ignari del loro stato di salute, ma non contagiosi per il resto della popolazione - per i quali il Servizio sanitario nazionale non prevede un programma di screening al fine della diagnosi precoce della patologia, che nella sua fase clinica può essere letale. Gli esperti concentreranno la loro attenzione sulla malattia di Chagas anche in riferimento alla sicurezza della donazione di sangue e del trapianto. Sul fronte della tubercolosi, l’allarmismo che si è diffuso nel nostro Paese non è assolutamente giustificato.

Diminuiscono i casi relativi alla popolazione indigena, mentre aumentano gli immigrati colpiti dalla patologia, ma l’Italia resta, secondo la classificazione dell’Oms, un Paese a bassa prevalenza (meno di 10 casi ogni 10mila abitanti). Secondo quanto riportato dalla Relazione sanitaria dell’Ulss 20 relativa al 2009 (ultimi dati disponibili) i casi di Tbc nella Regione Veneto negli ultimi 20 anni sono diminuiti del 20%: con un calo nella popolazione indigena e un incremento in quella immigrata: nel 2009 si sono registrati 15 casi fra i veronesi e 41 tra gli immigrati. Un altro elemento indicativo è l’età media delle persone affette: 66 anni per i veronesi (anziani già colpiti quando la patologia aveva maggiore diffusione che con l’età senile si è riattivata) e 34,3 per gli immigrati.

La fascia più debole sono quindi i giovani stranieri che vivono in condizioni precarie, soprattutto di sovraffollamento abitativo. Gli esperti riuniti a Negrar si confronteranno su una strategia di coordinamento tra le diverse realtà interessate del problema (non da ultimi i rappresentanti della comunità immigrate) per far sì che tutti possano accedere ad una diagnosi precoce e ad una terapia risolutiva. La tubercolosi è forse il paradigma stesso della sfida che il fenomeno migratorio pone alle strutture sanitarie e a tutta la società civile.

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