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Il vescovo veronese a Tripoli: "Siamo a rischio attacco"

Da qualche giorno poliziotti stazionano davanti alla chiesa. "Scarseggiano viveri e benzina"

Mentre i ribelli, secondo le ultime notizie, avrebbero conquistato la città di Sirte, roccaforte e città natale del raìs Muammar Gheddafi, a Tripoli l'atmosfera rimane tesa. La percezione generale è che ci si stia avvicinando allo snodo cruciale di tutta la vicenda che sta insanguinando la Libia. "Da ieri, di fronte alla nostra chiesa, stazionano dei poliziotti. Ufficialmente con l’incarico di proteggerci - racconta il vescovo Giovanni Martinelli, originario di San Giovanni Lupatoto - evidentemente esiste la possibilità che ci assaltino, come sembra che sia successo all'ambasciata del Qatar. D'altronde c'è sempre la probabilità che qualche testa calda prenda un'iniziativa del genere".

Prima della rivolta c'era sempre una guardia di fronte al luogo di culto, ora monsignor Martinelli ha chiesto alle autorità che il venerdì, il sabato e la domenica sia assicurato un certo livello di sicurezza per poter officiare le cerimonie religiose. "Poco lontano dalla città hanno continuato a bombardare questa notte - continua il vescovo - evidentemente ci sono ancora sacche che le forze aeree intendono debellare. Qui intanto iniziano a esserci problemi per la benzina. Si formano file di due o tre chilometri per fare rifornimento. Anche per i generi alimentari ci sono difficoltà. 'Abbiamo solo le cose essenziali' ti rispondono in arabo se vai ai magazzini".

La situazione rimane incerta. Soprattutto perché non si capisce quali siano le forze in campo. "I ribelli sono arrivati a Sirte senza molti ostacoli - spiega monsignor Martinelli - io resto preoccupato. Qui si respira aria di attesa. Se i lealisti si lanciassero al contrattacco non so se la controparte avrebbe i mezzi per resistere. Non riesco a capire il motivo di questa avanzata così semplice". E' difficile vivere a Tripoli. Oggi come ieri. Ma un appoggio ufficiale da parte del governo italiano a un vescovo che ha deciso di rimanere sotto le bombe non è ancora arrivato. "Non ho nessun contatto istituzionale con lo Stato italiano - dichiara il prelato - ce l'ho con la Santa Sede invece. Non sono in grado di giudicare questo comportamento, né voglio farlo. Quello che conta è che sembra ci sia la volontà di riannodare i fili del dialogo che c'era nel passato".

Nei giorni scorsi è arrivata la notizia di vittime civili. "So di almeno una persona morta per una scheggia nel cranio - conclude monsignor Martinelli - prodotta forse da un colpo della contraerea che è esploso a una quota molto bassa".

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