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Il volto più antico della città di Verona: l'iconografia rateriana

L'originale rimase distrutto in un incendio. Ne rimane solo una copia realizzata da Scipione Maffei e contenuta alla Biblioteca Capitolare

L'originale rimase distrutto in un incendio. Ne rimane solo una copia realizzata da Scipione Maffei e contenuta alla Biblioteca Capitolare. Si chiama "iconografia rateriana" oppure "Civitas Veronensis Depicta". Il primo nome lo deve al suo autore, il vescovo Raterio, vissuto nel X secolo. Il suo secondo nome descrive effettivamente quello che è, la città di Verona disegnata. Quale città di Verona? Quella che ovviamente conosceva Raterio, quindi a cavallo tra il IX e il X secolo, nell'Alto Medioevo.

Effettivamente è la più antica rappresentazione grafica di Verona e già questo basterebbe a renderla importante. Ma la sua preziosità è data soprattutto dal suo essere diventata nel tempo parte dell'identità cittadina. I veronesi hanno imparato a riconoscerla e non solo perché in essa sono contenuti alcuni elementi che già prima dell'anno Mille la caratterizzavano, come l'Arena. Per identificarli inoltre, l'autore aveva scritto su di loro il nome, come una didascalia.

Attorno a questa immagine anche affettuosa della città, una scritta che più o meno suona così:

Dalla sommità del colle il Castello guarda davanti a sé, verso la città, fatto con arte degna di Dedalo, con gallerie buie, il nobile, distinto, memorabile, grande teatro, costruito a tuo decoro, sacra Verona. Grande Verona, addio, vivi nei secoli sempre e celebrino il tuo nome nel mondo tutte le genti.

Con queste parole, Raterio ha scritto l'addio a Verona, città da cui era stato cacciato, portandosì però via un suo disegno, con un monte umanizzato dalla cui bocca spunta il fiume Adige, i ponti, la cinta muraria e quel "grande teatro" in basso a sinistra che altro non è che l'Arena.

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