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Salute

Anoressia e bulimia: dati più elevati nella popolazione in età adolescenziale e giovanile

In occasione della giornata del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione contro i disturbi alimentari, l’assessore veneto alla Sanità e Sociale, Manuela Lanzarin, è intervenuta su questo argomento che tocca più di 3 milioni di persone in Italia

«Un disturbo alimentare non è mai esclusivamente una lotta solitaria contro il cibo, ma una patologia che va rispettata e curata e che richiede una presa in carico integrata».
Così l’assessore alla Sanità e Sociale della Regione Veneto Manuela Lanzarin apre la giornata del Fiocchetto Lilla, dedicata alla sensibilizzazione contro i disturbi alimentari che si tiene ogni anno il 15 di marzo.
Una canzone per raccontare di “accettazione, libertà e rinascita”. È la strada che ogni giorno le “ragazze farfalla” compiono, passo dopo passo, prese per mano dal personale dei centri contro i disturbi alimentari che le aiutano ad uscire dal tunnel di bulimia e anoressia e altre patologie che le fanno entrare in conflitto con il loro quotidiano. La canzone è diventata un video che le ragazze del Centro DCA di Portogruaro hanno prodotto in occasione della giornata del Fiocchetto Lilla.

«I disturbi alimentari rappresentano una patologia diffusa e a volte sottovalutata, che merita una presa in carico mirata che consideri l’aspetto medico, psicologico e che consenta ai giovani pazienti di trovare un percorso personalizzato - sottolinea l’assessore alla Sanità e Politiche Sociali della Regione Veneto Manuela Lanzarin - in Italia i disturbi alimentari riguardano più di 3 milioni di persone, di cui il 95,9% sono donne. Si tratta di numeri davvero importanti che fanno dell'anoressia la terza più comune “malattia cronica” fra i giovani, un vero e proprio “killer silente” se non affrontato nei giusti tempi. Non si deve poi dimenticare che l’emergenza Covid- 19, le restrizioni, la mancanza di relazioni e socialità, hanno accentuato i problemi legati al disagio giovanile evidenziando un aumento delle patologie. Per un lungo periodo i nostri giovani hanno vissuto una realtà “virtuale”, legata a solitudine e difficoltà di dialogare con i propri coetanei. Tutti elementi che rendono più fragile il percorso di crescita e aprono la strada a patologie come i rapporti difficili con il cibo». Nella popolazione femminile la frequenza è circa dello 0,3-0,5% (un caso ogni 200- 300 persone) per l’anoressia nervosa  e dell’1-2% (un caso ogni 50-100 persone) per la  bulimia nervosa. Se prendiamo in considerazione però solo i dati della popolazione in età adolescenziale e giovanile, le percentuali sono purtroppo più alte: si stima che nel corso della vita, fino al 2% delle donne si ammali di anoressia nervosa e il 4% di bulimia nervosa. Inoltre, quasi il 10% delle ragazze in età a rischio (tra i 15 e i 25 anni) soffre di un disturbo alimentare “parziale” o “subclinico”.

In occasione di questa giornata arriva anche l’annuncio dell’avvio, a breve, dei lavori di ristrutturazione ed ampliamento del Centro DCA di Portogruaro, uno dei centri storici della nostra regione, che consentiranno di aggregare in una unica struttura di 1.000 metri quadrati, disposti su due piani, gli ambulatori, il centro diurno e la Comunità per minori che passerà dagli attuali 9 a 12 posti.
L’intervento che costerà 1,2 milioni di euro, beneficia di uno specifico finanziamento regionale per 300 mila euro e permetterà di incrementare gli spazi a disposizione per gli utenti, con la realizzazione di laboratori, aule studio, nuovi spazi per gli ambulatori. «La realtà di Portogruaro rappresenta uno dei nostri centri più storici e fa parte di una rete capillare di presa in carico che coinvolge tutte le Ulss del Veneto con realtà dedicate ai DCA – continua l’assessore – l’integrazione tra Sanità e Sociale nell’approccio a queste patologie è fondamentale, come lo è l’inserimento delle giovani, ma anche dei ragazzi, nella società attraverso esperienze ludiche e di impegno lavorativo».

Ogni anno a Portogruaro vengono seguite oltre 300 nuovi utenti, ben 3 mila solo negli ultimi 10 anni, con un’età media che via via si è abbassata, oggi infatti non è infrequente accogliere ragazzine, in netta maggioranza rispetto ai maschi, di 9-10 anni. Il 70% di questi proviene da altre Ulss e da altre regioni, anche dal centro-sud Italia. Le due strutture residenziali dedicaste una agli adulti ed una ai minori, ospitano circa 80 utenti ogni anno, per circa 7 mila giornate di assistenza, considerando che la permanenza è di circa 110 giorni per ogni persona; altre 40 ragazze sono seguite dal Centro Diurno.

Il Centro di Portogruaro assicura alle proprie utenti la regolarità del percorso scolastico grazie alla didattica a distanza attivata da anni con le scuole di riferimento, partecipa da tempo ad attività di ricerca nel campo dei DCA in collaborazione con diversi atenei tra i quali anche l’università di Padova e promuove diverse progettualità innovative per sostenere il recupero e il reinserimento anche lavorativo delle utenti.
Da qualche anno ad esempio è attivo il progetto “Farfalle al mare”, per le utenti del DCA, che nasce con l’obiettivo di integrare il percorso terapeutico riabilitativo con momenti di socializzazione, gioco, studio, relazione, ma al di fuori del contesto strutturato della comunità.

«Per affrontare questa problematica sociosanitaria la Regione Veneto ha in attivo una rete di servizi per la diagnosi e cura dei DCA attraverso l’attivazione in ogni provincia (di norma nell’ambito delle Aziende Ulss capoluogo e, nel caso di Padova e Verona, presso le due Aziende ospedaliere) di un Centro di Riferimento Provinciale per i DCA (CPD). Ai CPD localizzati all’interno delle Aziende ospedaliere di Padova e Verona, sedi di Facoltà di Medicina, venivano inoltre attribuiti compiti di Centro Regionale – conclude l’assessore – Ma l’attenzione verso queste problematiche è molto alta anche all’interno delle reti sanitarie territoriali, pronte ad individuare le situazioni a rischio. E come sottolineano le ragazze del Centro di Portogruaro nel presentare la loro canzone, in questo pazienti c’è molto dolore, ma anche molta voglia di riscatto».

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