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Veneti migranti, Zaia li celebra così: «Nessuno di loro è andato a delinquere e a riempire le carceri»

Il governatore ha celebrato oggi la "Giornata dei Veneti nel Mondo", ricordando che «l’emigrazione veneta ha portato i migliori valori della nostra terra: onestà, laboriosità, spirito di sacrificio e inventiva»

«Oggi la Piana del Cansiglio torna a essere il centro del mondo. Del mondo della nostra emigrazione. Del mondo in senso geografico, dove l’emigrazione veneta ha portato i migliori valori della nostra terra: onestà, laboriosità, spirito di sacrificio, inventiva, diventando anno dopo anno, decennio dopo decennio, un punto di riferimento per i contesti sociali nei quali ogni veneto emigrato si è inserito con rispetto e senso civico. Nessuno di loro è andato a delinquere e a riempire le carceri». È questo il pensiero del presidente della Regione Veneto, che ha partecipato oggi, sulla Piana del Cansiglio, alla ventinovesima edizione del "Cansiglio Day" che, per decisione formale della Regione, dal 2018 è anche la "Giornata dei Veneti nel Mondo".

Il presidente Zaia ha ringraziato tutti gli organizzatori per la loro «formidabile capacità di aggregazione» e ha ricordato «l’infaticabile, straordinario, impegno di Don Canuto Toso che fondò la Trevisani nel Mondo, organizzatrice storica della kermesse, nel lontano 1973». Zaia ha poi aggiunto: «Oggi è il giorno della festa, dell’orgoglio, della gratitudine, nel quale riabbracciamo gli emigrati veneti di oramai svariate generazioni e rinnoviamo loro il grazie di tutto il Veneto per essere stati ed essere tutt’oggi uno dei migliori nostri biglietti da visita. Oggi è anche un momento di riflessione perché siamo di fronte ad una nuova emigrazione di giovani che scelgono di andare all’estero per fare esperienze di alto livello professionale. C’è chi parte per scelta e chi per necessità: a questi ultimi dobbiamo riservare le attenzioni necessarie», ha rimarcato il governatore Luca Zaia.

La grande emigraziane dei veneti

La grande emigrazione dei veneti, spiega una nota della Regione, «ebbe inizio nel 1876 e vide intere famiglie lasciare il Veneto, portando allo spopolamento di paesi e contrade». In particolare, «contadini e braccianti si imbarcarono verso i Parsi dell’America Latina per scappare dalla povertà e dagli effetti della grande crisi agraria, incentivati dai governi dei paesi di destinazione». In Brasile, spiega ricorda ancora la nota della Regione, «con l’abolizione della schiavitù (1889), i grandi proprietari terrieri delle piantagioni di caffè dello stato di San Paolo cercavano nuova manodopera all’estero: la maggior parte degli emigranti divennero contadini nelle fazendas (fattorie) e nelle piantagioni di caffè».

Nel sud del paese «i nuovi arrivati fondarono Nuova Venezia, Bella Vista, Curitiba, ancora oggi cittadine dove si parla in italiano». In città come San Paolo in Brasile o Buenos Aires «c’è ancora oggi una forte impronta italiano/veneta». L’esodo «interessò in particolare il nord Italia dove tre regioni fornirono da sole il 47% dell’intero continente migratorio: Veneto (17,9%), Friuli Venezia Giulia (16,1%), Piemonte (13,5%)». Con «3.190.000 di emigrati tra il 1866 e il 1990» il Veneto detiene «il primato tra le regioni per flussi migratori».

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