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Tosi vuole riaprire i ristoranti la sera e dice che anche il professor Crisanti è d'accordo con lui

L'ex sindaco: «Credo che sia giusto riaprire ristoranti e bar anche dopo le 18». Il professore Crisanti: «Le zone gialle non funzionano», poi suggerisce l'idea per tenere aperti i ristoranti

«Credo che sia giusto riaprire ristoranti e bar anche dopo le 18. Pure un medico non certo "aperturista" come Crisanti sostiene che, anziché chiudere quei luoghi, è meglio regolamentarne gli ingressi». Ad affermarlo è l'ex sindaco di Verona ed attuale cosigliere comunale Flavio Tosi, il quale ribadisce: «Con intelligenza e le dovute regole e precauzioni si può fare. Solo l’uno per cento dei contagi avviene in bar e ristoranti, come analizzato da un autorevole studio della Facoltà di Medicina del San Raffaele pubblicato su Acta Biomedica con la John Hopkins Center Humanitarian Health».

Non è la prima volta che Tosi interviene sul punto manifestando la sua volontà "aperturista", così come non è la prima volta che in generale si valuta questa ipotesi. In passato lo stesso Tosi non ha mancato di polemizzare con il governo nazionale a guida Giuseppe Conte per la mancata riapertura. Ora, dopo aver a lungo sponsorizzato la nascita del governo a guida Mario Draghi, la lettura della bozza del Dpcm che entrerà in vigore dal 6 marzo, si può immaginare abbia deluso lo stesso Flavio Tosi. Nei fatti sembra che poco cambi, salvo che per i luoghi della cultura (e già è qualcosa!), ma solo dal 27 marzo. Al contrario, dalle palestre e piscine ai ristoranti e bar, tutto nella bozza del Dpcm circolata nelle scorse ore è rimasto esattamente come nel precedente decreto del 14 gennaio firmato dall'ex premier Conte. Ora al governo ci sono però anche Forza Italia, con la ministra Gelmini peraltro in un ruolo chiave nella determinazione della stesura dei Dpcm sulla scorta del confronto con i governatori di Regione, ma anche la stessa Lega con ministeri decisivi per il turismo e lo sviluppo economico del Paese.

Flavio Tosi - foto frame video Facebook

Flavio Tosi

Insomma, è molto difficile oggi fare polemiche, gli unici ancora politicamente legittimati a farlo sono gli esponenti di Fratelli d'Italia che si sono mantenuti all'opposizione («patriottica», peraltro!). Resta però il fatto che dal 6 marzo, salvo clamorose novità dell'ultima ora, le speranze di associazioni di categoria come Confcommercio, paiono destinate ad essere nuovamente deluse, e non c'è Draghi che tenga. Flavio Tosi, dal canto suo, continua a battere sul chiodo: «Gli esercenti in questo anno di pandemia hanno imparato a gestire le loro attività con distanziamento, posti a sedere, mascherina e gel igienizzante. - spiega l'ex sindaco di Verona - Insomma, serve trovare un modo per garantire la salute pubblica e la sopravvivenza di un comparto (e di un indotto) vitale per l'economia del nostro Paese e delle nostre città».

Una riflessione che potrebbe trovare in effetti parzialmente conforto anche nelle recenti dichiarazioni a La7 del professor Andrea Crisanti, il quale ha però detto alcune cose assonanti al "Tosi pensiero", ma leggermente più sfumate. Il dato di partenza, anzitutto, è per il professor Crisanti che «le zone gialle non funzionano» ai fini del contenimento del contagio del virus. Cosa che Tosi si è ben guardato dal riportare. In merito ai bar e ristoranti, nella sua intervista a Piazza Pulita, il professor Crisanti ha poi spiegato: «Non è che i ristoranti non sono sicuri, quello che non è sicuro è il nostro comportamento, se a un certo punto nei ristoranti si mettessero delle limitazioni sui nuclei familiari che ci possono andare, al limite si potrebbero anche tenere aperti mezza giornata». Cosa che appunto già avviene nelle Regioni zona gialla.

Anzitutto, Crisanti non parla dunque di apertura serale, ma di «mezza giornata», in secondo luogo il ragionamento del professore è molto semplice: il problema del ristorante è che inevitabilmente ci si abbassa la mascherina per mangiare, dunque si parla e tale comportamento è "a rischio". Se però venisse consentito di andare nei locali solo allo stesso nucleo familiare allora sarebbe come pranzare a casa propria, ma consentendo a bar e ristoranti di lavorare. Insomma, Tosi e Bisinella possono andare al ristorante insieme, ma non possono incontrarsi e consumare il pasto anche con Alberto Bozza, perché il suo è un altro nucleo epidemiologico-familiare. L'esempio è fin troppo rigido, perché in realtà Crisanti propone di consentire ad un nucleo epidemiologico di incontrare al massimo un membro di un altro nucleo epidemiologico. Quindi per Bozza va bene, ma se volessero invitare a pranzo anche Sboarina, per Crisanti non si può fare. Insomma, il problema starebbe nella formula contenuta nei Dpcm finora emanati in Italia ed anche nella bozza dell'ultimo decreto: «Il consumo al tavolo è consentito per un massimo di quattro persone per tavolo, salvo che siano tutti conviventi». Messa così, quattro persone appartenenti a quattro nuclei epidemiologici diversi tra loro possono regolaremente, ad oggi, in zona gialla pranzare insieme al ristorante sedute tutte allo stesso tavolo, quindi sfilarsi la mascherina e conversare.

Il professor Crisanti la spiega così: «Se noi al ristorante incontriamo più persone di nuclei familiari diversi, aumentiamo la possibilità di contagio, se invece andiamo con lo stesso nucleo familiare o una sola persona di un altro nucleo, la probabilità diminuisce. Non è pericoloso il ristorante, è pericoloso quello che facciamo, nel senso che ci leviamo la mascherina e parliamo e quindi diamo al virus la possibilità di trasmettersi. Una possibilità, - conclude il professor Crisanti - potrebbe essere quella di regolare l'accesso ai ristoranti, invece che chiuderli. Detto questo, è chiaro che bisogna prendere dei provvedimenti». 

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Andrea Crisanti

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