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Tamponi e ritardi, Bigon: «A Verona persone non rientrano al lavoro perché manca l'esito»

La consigliera regionale Bigon: «In provincia di Verona pesanti ritardi per i tamponi molecolari. Servono più risorse: il tracciamento è fondamentale per ridurre i contagi»

«In provincia di Verona continuano ad esserci ritardi con i tamponi molecolari, sia per effettuarli che per avere i risultati, con attese fino a 10 giorni. Dobbiamo assolutamente ridurre i tempi, per permettere un tracciamento efficace e per questo servono ulteriori risorse. Altrimenti l’unica alternativa è quella di rivolgersi al privato, a pagamento. Ma non tutti possono permetterselo». La denuncia arriva da Anna Maria Bigon, consigliera regionale del Partito Democratico e vicepresidente della commissione Sanità a Palazzo Ferro Fini che al riguardo ha anche presentato un’interrogazione a risposta immediata.

«Sto ricevendo numerose segnalazioni di attese lunghissime per le prenotazioni online, - spiega ancora la consigliera Anna Maria Bigon - in alcuni casi addirittura superiori alla durata del periodo di isolamento in caso di positività, mentre le linee telefoniche del Sisp (Servizio di igiene e prevenzione) sarebbero costantemente irraggiungibili. E ancora, persone che non possono rientrare a lavoro perché stanno aspettando l’esito del tampone molecolare o studenti che non riescono a fare il test all’interno del plesso scolastico e vengono quindi dirottati alle varie postazioni drive in. Inoltre - sottolinea sempre l'esponente Pd Anna Maria Bigon - molti medici di medicina generale non hanno ancora ricevuto i kit e i dispositivi di sicurezza per effettuare i tamponi in ambulatorio o in altre strutture, come previsto dall’accordo siglato con la Regione a fine ottobre».

La consigliera regionale dem quindi aggiunge: «Le attività di tracciamento sono fondamentali per evitare la diffusione del contagio, perciò vanno potenziate soprattutto in quelle zone, come la provincia di Verona, dove si registrano i maggiori ritardi. Non è giusto - conclude la consigliera Anna Maria Bigon - che i cittadini siano costretti a ricorrere al privato spendendo soldi per sapere se sono positivi o meno, con tutte le conseguenze del caso».

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