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Museo Amo: per il Ministero, Fondazione Arena deve pagare l'affitto di Palazzo Forti

La Fondazione Arena non intende più corrispondere al Comune di Verona l'affitto delle sale di Palazzo Forti, lasciate in comodato d'uso gratuito da Fondazione Cariverona, ma il Ministero dei Beni Culturali boccia la decisione

Il 3 dicembre si terrà una seduta straordinaria del Consiglio Comunale di Verona per affrontare i problemi di Fondazione Arena. Nel frattempo, sono emersi dettagli sulla questione del Museo Amo e soprattutto del canone di affitto che Fondazione Arena dovrebbe pagare annualmente per utilizzare gli spazi di Palazzo Forti. A riscuotere il canone è il Comune di Verona, che ha ottenuto in comodato d'uso gratuito per finalità culturali le sale dell'edificio di proprietà di Fondazione Cariverona. Sulla questione è intervenuto in una nota stampa il capopgruppo consiliare del Partito Democratico, Michele Bertucco:

Fondazione Arena non può sottrarsi al pagamento dell'affitto del museo Amo, anzi, dovrebbe contribuire alle spese di manutenzione ordinaria e straordinaria della struttura. Lo conferma una nota del Ministero dei Beni Culturali a cui i dirigenti comunali erano ricorsi lo scorso giugno, a fronte della pretesa di Fondazione Arena di disdettare unilateralmente anche il contratto di affitto per il museo Amo ubicato a Palazzo Forti. Un'altra tegola sulla testa del sovrintendente Girondini le cui azioni, ormai, sono dettate più dalla disperazione che dalla ragione. Riassunto delle puntate precedenti: Girondini, che nel 2013 si era autocandidato al Nobel per l'Economia, aveva fatto inserire la gestione museale nello statuto della Fondazione Arena. Tale mossa, nella sua mente, lo avrebbe autorizzarlo a pretendere la concessione gratuita degli spazi occupati dal fallimentare museo Amo a Palazzo Forti in virtù della vecchia legge di trasformazione degli ex enti lirici in fondazioni lirico sinfoniche la quale obbliga gli enti locali a lasciare a disposizione dei nuovi organismi di diritto privato i locali e le strutture che già occupavano per lo svolgimento delle attività istituzionali. 'Se la gestione museale è diventata attività istituzionale in quanto inserita nello statuto – così ragionava il nostro candidato al Nobel – allora il Comune ci deve dare Palazzo Forti a gratis”. Senonché, come subito avevano fatto notare i dirigenti comunali, l'obbligo in capo ai Comuni vale unicamente per le strutture destinate ad ospitare le attività specificamente previste dalla legge, cioè gli spettacoli lirico-sinfonici, i concerti e i balletti. Nient'altro. La gestione museale, che può avere uno scopo promozionale, è da considerarsi accessoria. Non è vietata alle fondazioni liriche ma deve essere svolta “secondo criteri di imprenditorialità ed efficienza, nel rispetto dei vincoli di bilancio”. Tesi ora confermata anche dal Ministero. Quindi Girondini non può pretendere nulla. Fin qui il diritto, arriviamo alle conclusioni politiche: Girondini ha mille ottimi motivi per non volere pagare questo obolo, ma sa benissimo, perché lo ha creato lui, che Amo non è un museo, è soltanto un escamotage con cui Tosi ha scaricato sulle spalle della Fondazione Arena i debiti contratti dal Comune con Cariverona. Palazzo Forti, sede dell'Amo, fu scambiato dal Comune (valore stimato di 33 milioni di euro) con l'85% delle quote della società Polo finanziario Spa per chiudere unilateralmente la partita dell'area davanti alla fiera. Con la scusa di mantenere la Galleria d'arte moderna (Gam) a Palazzo Forti, venne sottoscritto un contratto di affitto pesantissimo (9,5 milioni di euro in 20 anni) a carico del Comune. Sappiamo come andò a finire: la Gam traslocata a Palazzo della Ragione e l'affitto affibbiato a Fondazione Arena attraverso la costituzione di Amo. Quando oggi Tosi ci dice che l'insediamento di Esselunga davanti alla fiera è un affarone perché porta 27 milioni di euro nelle casse comunali, si dimentica di ricordare quanto è costata alle casse e al patrimonio pubblico la decisione unilaterale di smantellare il progetto del Polo Finanziario. Senza contare che restano impresse a imperitura memoria queste sue parole: “Togliere quell'area alla Fiera - aveva detto Tosi in Consiglio comunale - significava condannarla a morte e comprometterne lo sviluppo futuro”.

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