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Mozioni del '95 spostate all'ultimo punto: «Verona si conferma: vuole rimanere una città omofoba»

Federico Benini e Michele Bertucco, in una nota congiunta, attaccano il Consiglio comunale di Verona: «Un ordine del giorno presentato più di tre anni fa e da quasi un anno in calendario ad ogni consiglio comunale. Il criterio adottato crea un precedente e mina alle basi della democrazia»

«Ancora una volta i capigruppo di maggioranza hanno votato per spostare all’ultimo punto dell’ordine del giorno del consiglio di giovedì prossimo il nostro ordine del giorno che chiede la revoca delle mozioni omofobe approvate dal Consiglio comunale di Verona nel 1995. Un ordine del giorno presentato più di tre anni fa e da quasi un anno in calendario ad ogni consiglio comunale. Il criterio adottato crea un precedente e mina alle basi della democrazia. Mai il consigliere di un gruppo di maggioranza era arrivato a decidere se discutere o meno una mozione della minoranza».
Sono Federico Benini, capogruppo in Consiglio comunale a Verona per il Partito Democratico, e Michele Bertucco, capogruppo di Verona in Comune e Sinistra in Comune, a firmare la nota congiunta con le quali i due gruppi dell'opposizione incalzano la maggioranza sul tema da tempo al centro della discussione politica. Maggioranza che sembra intenzionata a mollare su questo punto, nonostante sia in contrasto con le leggi nazionali, motivo per cui i due capigruppo ribadiscono: «Verona si conferma: vuole rimanere una città omofoba». 

«Ricordiamo che le mozioni del 1995 - prosegue il comunicato -, purtroppo ancora in vigore a livello di indirizzo politico, fanno divieto alla giunta comunale di deliberare “provvedimenti che parifichino i diritti delle coppie omosessuali a quelli delle famiglie naturali costituite da un uomo e una donna”. Ciò è apertamente in contrasto (oltre che con il buon senso, si intende…) con la Legge 76 del 20 maggio 2016, meglio nota come Legge Cirinnà, la quale stabilisce senza possibilità di equivoco che “all’interno di leggi, regolamenti e atti amministrativi” ed ovunque ricorrano le parole “coniuge” oppure “coniugi”, ovvero termini equivalenti, le disposizioni relative si applicano anche ai contraenti di unione civile, dunque anche alle unioni tra persone dello stesso sesso.
Gli indirizzi contenuti nelle mozioni del 1995, non a caso chiamate omofobe, sono quindi d’intralcio alla effettiva applicazione dei diritti e doveri previsti dalla Cirinnà. Con questo ordine del giorno chiediamo dunque al Consiglio comunale di prenderne atto e di provvedere di conseguenza rimuovendo, come prevede anche la Costituzione, gli ostacoli alla parità delle persone di fronte alla Legge.
Togliamoci dai piedi anche ogni genere di alibi ideologico: la Legge in vigore specifica che la “parificazione” tra coniugi e contraenti di unione civile serve “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile”. Dunque non chiediamo ai Consiglieri di esprimersi sulla parificazione tra unioni civili e matrimonio, ma soltanto di assicurare la rimozione di questo ostacolo alla corretta applicazione della legge.
Nel proprio privato ciascuno potrà poi continuare a credere che la terra sia piatta e la volta celeste sostenuta dagli angeli, ma qui si sta parlando di amministrazione, non di filosofia o cosmogonia. Non ci nascondiamo nemmeno che i promotori delle mozioni del 1995 sono gli stessi che oggi siedono sui scranni più alti del Consiglio comunale e negli uffici comunali più importanti».

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