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Guerra sulle licenze dei bar per il Pd non sono legittime

Il segretario provinciale D'Arienzo chiede il ritiro del bando e annuncia un'iniziativa in Ue

Non accenna a concludersi la battaglia a distanza tra il Pd e il Comune di Verona sul bando aperto per ottenere una licenza per la somministrazione di bevande e alimenti. Il Partito Democratico, per voce del segretario provinciale Vincenzo D’Arienzo, ha fatto sapere che chiederà “il ritiro immediato del bando per riformularlo in linea con le leggi e per non far pagare niente a nessuno”.

Il partito d’opposizione intende far sentire le sue ragioni anche fuori Verona. Infatti, i parlamentari del Pd presenteranno un’interrogazione “affinchè il ministro per lo Sviluppo economico (Paolo Romani, ndr) intervenga a cancellare l’imposizione fiscale a deprimento delle attività economiche veronesi”. Il Pd, infine, si rivolgerà anche all’Unione Europea di “valutare se il limite linguistico imposto ai cittadini comunitari, e il loro diritto di fare impresa, è in linea con il principio della libera circolazione nell’ambito UE”.

Questo ultimo punto sta particolarmente a cuore a D’Arienzo, in quanto “l’imposizione, anche ai cittadini comunitari, della conoscenza dell’italiano e della frequentazione di un corso di italiano è vessatorio verso tutti gli stranieri che intendono aprire un’attività a Verona”. L’esponente dell’opposizione si chiede, infatti, se si tratti “di un bando legittimo”.

D’Arienzo contesta il fatto che il sindaco Flavio Tosi, ieri, aveva detto che “pretendere che, nella quarta città turistica d’Italia, i titolari di pubblici esercizi conoscano almeno la lingua italiana (meglio se ne conoscono anche altre) mi pare il requisito minimo richiesto dal buon senso”. Infatti, secondo il segretario del Pd la conoscenza della lingua italiana non implica una maggiore qualità del servizio.

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