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Fogliardi si oppone alla chiusura di 13 scuole venete

Il parlamentare del Partito Democratico ha presentato un'interrogazione al governo nella quale chiede il ripristino dei fondi a favore degli istituti paritari

 

L'Onorevole veronese Giampaolo Fogliardi, del Partito Democratico, prende posizione contro la chiusura di 13 scuole paritarie venete, presentando al governo un'interrogazione dove spiega le proprie motivazioni, allegando dati e cifre in supporto ad essa.  
 
"La Fism del Veneto ha annunciato la chiusura di almeno 13 scuole (1 a Belluno, 3 a Padova, 4 a Treviso, 2 a Verona, 3 a Vicenza). Risultato: almeno 1.080 bambini potenzialmente a casa.
 
In una interrogazione urgente al Governo, presentata con la collega Rubinato, chiediamo di provvedere al reintegro per l’anno 2013 (e seguenti) delle risorse a favore delle scuole paritarie, almeno nella misura stanziata nel 2012. Ciò darebbe certezza sull’entità dei fondi e sui tempi di erogazione e consentirebbe una regolare programmazione del servizio scolastico. 
Inoltre, proponiamo che le somme corrisposte a titolo di retta o contributo possano essere portate in detrazione ai fini Irpef, almeno parzialmente, a partire dai contribuenti residenti nelle regioni in cui le scuole dell’infanzia statali coprano meno del 50 per cento dell’offerta formativa.
 
La riduzione delle risorse, a partire dalla manovra di bilancio del 2009, ha riguardato anche la scuola paritaria non statale; in seguito, ogni anno - vista l’insostenibilità di questi tagli - parlamento e Governo hanno stanziato dei contributi integrativi, in tempi e con modalità che hanno reso tuttavia difficile per tali istituzioni programmare il servizio scolastico.
 
Non parliamo di politiche della famiglia in astratto: la  riduzione di oltre il 50% dello stanziamento per i prossimi anni inciderà in modo pesante sul servizio offerto. 
La scuole paritaria (sia dell’infanzia che primaria) sin qui ha accolto rispettivamente circa 640.000 bambini di età compresa tra i 3 e i 6 anni (pari al 40% della popolazione scolastica) e 196.000 bambini dai 6 ai 10 anni, occupando oltre 80.000 persone, tra personale docente e non docente e contribuendo in modo significativo al buon livello qualitativo raggiunto dalla scuola pubblica italiana.
 
Nella nostra regione le scuole paritarie coprono addirittura al 67,03% del servizio: 1.183 scuole dell’infanzia che nell’anno scolastico 2010/2011 hanno accolto 93.802 bambini dai 3 ai 6 anni, di cui 660 disabili e 9.613 stranieri dando lavoro a circa 9.500 dipendenti, di cui 5.700 docenti.
Si tratta di scuole che hanno radice nella tradizione degli ‘asili infantili’ nati in ambito caritativo e laico, in attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, prima che fossero aperte le scuole materne da parte dello Stato, anche se in molti casi la gestione è ora demandata ad associazioni di genitori, oppure affidata a cooperative sociali. Esse sono diffuse capillarmente nel territorio, tanto da costituire in molti Comuni l'unico servizio presente per l’infanzia, cosicché le due scuole, la paritaria e la statale, “trovano nel nostro territorio regionale un’effettiva integrazione quali strumenti a servizio di un medesimo sistema educativo pubblico” come ha ricordato Ufficio IV della Direzione generale del Miur di Venezia nella relazione relazione del maggio 201. Tutto ciò, è bene sottolinearlo, comporta un notevole risparmio per le casse dello Stato: oltre 520 milioni di euro l’anno, secondo dati forniti dalla Fism.
 
Cosa succederebbe se le scuole paritarie dell’infanzia chiudessero a causa del dimezzamento del contributo statale? Lo Stato dovrebbe sostenere una spesa aggiuntiva erogare direttamente il servizio. Sarebbe una spesa di entità notevolmente superiore al reintegro dello stanziamento per le paritarie al livello degli anni precedenti, senza contare il rischio che comunque si verifichi in alcune regioni, come il Veneto, la Lombardia, ma anche l’Emilia-Romagna, una grave emergenza educativa, per il numero di bambini che rimarrebbero privi del servizio educativo in piena contraddizione con gli obiettivi di allargamento della scuola dell’infanzia prefissati dal Ministero dell’istruzione, ma anche ad un’emergenza sociale, per il venir meno di un servizio indispensabile alle famiglie in territori in cui entrambi i genitori molto spesso lavorano."
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