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Filobus, PD: «Gravi mancanze del Comune. Soldi dallo Stato a rischio»

D'Arienzo e Benini: «Da un lato chiedevano soldi e dall'altro non informavano sulle criticità esistenti»

Lo avevano definito «il più grande e grave fallimento di Verona dal dopoguerra, un'onta indelebile». È la filovia, un mezzo di trasporto pubblico che avrebbe aiutato ad alleggerire il traffico cittadino ma che si è arenato in fase di realizzazione. A definirlo un fallimento erano stati il senatore Vincenzo D'Arienzo ed il consigliere comunale Federico Benini, entrambi del Partito Democratico, i quali si erano anche attivati per comprendere se l'attuale situazione di stallo potesse mettere a rischio il finanziamento statale da 85 milioni di euro, con cui verrebbe coperta più della metà dei costi di creazione dell'opera. 

Il blocco della realizzazione del filobus ha raggiunto il suo momento più importante quando Amt, l'azienda controllata dal Comune di Verona che aveva appaltato l'opera, ha deciso di risolvere il contratto con l'Ati (associazione temporanea di impresa) che si era aggiudicata i lavori. Una decisione «illegittima» per l'Ati. Ed in questo blocco, secondo D'Arienzo e Benini, sarebbero emerse delle inadempienze imputabili al Comune di Verona, le quali potrebbero «pesare sulla valutazione inerente la conferma del finanziamento statale», hanno aggiunto i due esponenti del Partito Democratico.

«Innanzitutto - spiegano D'Arienzo e Benini, evidenziando quelle che a loro avviso sono state le mancanze del Comune - quanto avvenuto in sede dell’ultima modifica dell'accordo procedimentale con la quale Amt ha chiesto l'autorizzazione su diverse varianti al progetto iniziale. Poiché poco dopo la sottoscrizione dell'accordo procedimentale (2018) erano più che conosciute le criticità che non avrebbero consentito all'infrastruttura di essere in esercizio entro il 31 gennaio 2022, termine ultimo fissato e accettato per la fine dei lavori. Perché non si è agito tempestivamente per spostare quella data? A tal proposito, non sono mai state presentate richieste di aggiornamento dell'accordo procedimentale vigente. Inoltre, è certo che: non è stato adempiuto all'obbligo di assicurare al Cipe flussi costanti di informazioni per garantire il monitoraggio degli investimenti pubblici. In più, la sospensione dei lavori, avvenuta il 21 luglio scorso, non è stata decisa per una delle ragioni espressamente previste dalla legge. E non è stato neanche nominato il Collegio Consultivo Tecnico e non è sicuro che sia stato perfezionato il finanziamento bancario a sostegno della costruzione dell'infrastruttura. Questi fatti potrebbero incidere sulla permanenza del finanziamento statale. A maggior ragione perché risulta che sono state chieste ed erogate parti del finanziamento per un valore di 5,7 milioni di euro. Quindi, da un lato chiedevano soldi e dall'altro non informavano sulle criticità esistenti. Ad oggi, posto che questa vicenda presumibilmente si trascinerà per qualche anno (ricorsi e controricorsi), non sappiamo se questi comportamenti omissivi provocheranno la revoca automatica del finanziamento o solo successivamente all'accertamento dei fatti eventualmente imputabili al Comune di Verona e ad Amt, probabilmente al termine dei percorsi giudiziari che potranno essere avviati».

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