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Bricolo presidente di Veronafiere. «Logica spartitoria ha vinto sul buon senso»

La nomina è giunta a meno di un mese dalle elezioni e per la coalizione del candidato sindaco Damiano Tommasi il cda dell'ente fieristico poteva essere rinnovato dalla prossima amministrazione comunale

È giusto che il Comune di Verona rinnovi il consiglio di amministrazione di un'azienda di cui è socio durante la campagna elettorale? Ruota tutto attorno a questo dilemma il dibattito sulla nomina di Federico Bricolo a presidente di Veronafiere.
Il prossimo 12 giugno, gli elettori del capoluogo sceglieranno il loro sindaco. E se non sarà confermato Federico Sboarina, il suo successore si troverà con un cda di Veronafiere scelto da Sboarina e guidato da Bricolo, già senatore e responsabile politico per la campagna elettorale della Lega.

Non a caso proprio dalla Lega arrivano i migliori auguri di buon lavoro al nuovo presidente di Veronafiere, mentre dal Comune di Verona sono convinti che Bricolo farà bene. Mentre è soprattutto la coalizione del candidato sindaco Damiano Tommasi ha criticare la scelta fatta.

«Abbiamo assistito all'ennesima prova dell'arroganza politica dell'amministrazione Sboarina e dei partiti che la sostengono - ha dichiarato la candidata al consiglio comunale per il Partito Democratico Alessia Rotta - La Lega ha fatto merce di scambio della candidatura a sindaco, accettando di sostenere Sboarina in cambio della presidenza a Bricolo. Una pratica spartitoria inaccettabile tipica di chi predilige logiche di potere all'interesse generale, che in questo caso è ancora più odiosa perché esclude la rappresentanza femminile da un ente così importante». Nel cda di Veronafiere, infatti, non è stata nominata nessuna donna. «Ritengo inconcepibile che non si sia trovata nessuna professionista qualificata in grado di interpretare e qualificare il tessuto cittadino dentro la più importante società, partecipata dal Comune, che opera per la crescita del sistema produttivo dentro l’orizzonte nazionale ed internazionale», ha commentato Gianni Dal Moro, anche lui candidato per il Partito Democratico.

Michele Bertucco di In Comune per Verona grida all'«inciucio» e aggiunge: «Non vengono rappresentanti gli interessi della comunità ma di singoli gruppi di potere che si spartiscono la torta tra loro in nome di un interesse generale che non c’è. La città ha messo dei soldi per salvare la Fiera e il suo discutibile management, ma si continua ad ignorare il tema del rapporto con il territorio e i quartieri, che vanno ristorati e mitigati rispetto ai disagi causati dalle attività dell’ente. Senza contare che anche queste nomine, come quelle di Serit, potevano e dovevano essere lasciate alla prossima amministrazione. Ma a Verona, non solo da parte dei partiti, quello che conta è occupare le poltrone».

Per Tommaso Ferrari e Beatrice Verzè di Traguardi, la nomina di Bricolo è «una forzatura». I due rappresentanti del movimento civico si lamentano del fatto che in Veronafiere «non si parla di piano industriale né di strategie di sviluppo, eppure, dopo la crisi causata dal Covid, il settore fieristico sta attraversando una fase di profonda trasformazione e questo processo può essere affrontato solo attraverso l'impiego delle migliori competenze, non certo in base alla logica della convenienza di partito, che non tutela gli interessi della comunità né dell'ente stesso. E siamo inoltre sconcertati dalla decisione di nominare un consiglio d'amministrazione composto da soli uomini».

«Ormai siamo oltre la casta - ha concluso Giorgio Pasetto di Azione e Più Europa - Sboarina e la destra che lo sostiene hanno talmente paura di non poter lottizzare i centri di potere veronesi, da farlo adesso, un mese prima del voto. L’interesse di questa politica non è che Verona cresca come prestigio e produttività, ma che garantisca potere e stipendi ad amici e militanti».

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