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Politica Centro storico / Via Sant'Angela Merici

Tosi: «Sull'accoglienza dei profughi nel quartiere Filippini l'approccio è sbagliato»

La consigliera tosiana Bertaia teme che il cas in allestimento in Via Sant'Angela Merici possa ospitare più dei 25 profughi previsti. La replica di Traguardi: «Così si aizza la paura, ma la maggioranza dei residenti non è affatto spaventata»

La consigliera comunale Anna Bertaia e il deputato di Forza Italia Flavio Tosi sono tornati in Via Sant'Angela Merici questa mattina, 21 aprile. In quella strada del quartiere Filippini, a Verona, c'è un edificio di proprietà della Diocesi scaligera. Edificio che Caritas sta sistemando per poter attivare al suo interno un cas, ovvero un centro di accoglienza straordinaria per 25 profughi. Tosi e Bertaia ritengono però che il luogo scelto non sia ideale per un centro di accoglienza ed oggi lo hanno ripetuto insieme ad alcuni residenti e commercianti del quartiere ed insieme al consigliere regionale e comunale Alberto Bozza, al consigliere comunale Luigi Pisa ed ai consiglieri della prima circoscrizione Stefano Napolitano ed Elena Brunelli.

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Anna Bertaia e Flavio Tosi sono tornati in Via Sant'Angela Merici, dove la loro battaglia era partita nelle settimane scorse. Una battaglia portata anche nell'aula del consiglio comunale ed in prefettura, e rimasta ancora in sospeso. Nonostante i lavori della Caritas siano ormai ultimati, per l'apertura del cas serve l'autorizzazione del prefetto Donato Cafagna. Autorizzazione che non è stata ancora data, come confermato dall'assessore Luisa Ceni e dallo stesso Cafagna. «Nel frattempo, però, i lavori di sistemazione si sono allargati a tutto l'isolato, quindi non solo all'edificio che dà su Via Sant’Angela Merici ma anche su quello ad esso collegato di Via Torcoletto - ha fatto sapere Bertaia - C’è molta confusione e tutto ciò genera paura nei residenti, i quali si chiedono: viste le dimensioni e l’ampiezza della struttura interessata, saranno davvero solo 25 i profughi accolti? Il timore è che successivamente possano arrivarne molti di più, in un quartiere che per la sua conformazione è inadeguato all’accoglienza».
E Tosi ha sottolineato che «mettere decine e decine di profughi in un quartiere come Filippini, che ha strade strette ed è poco illuminato, non è fare della buona accoglienza. È proprio un approccio sbagliato sul piano razionale, occorrerebbe un maggiore pragmatismo e in questo modo Prefettura, Diocesi, Caritas e Comune dovrebbero individuare assieme destinazioni migliori, più adeguate, sia per i nostri cittadini che per gli stessi profughi. La Diocesi è proprietaria di altre strutture, anche più decentrate e dotate di più ampi spazi esterni e quindi che si prestano meglio logisticamente. Lo stesso vale per lo Stato». Inoltre, ha concluso Tosi: «Su questa vicenda finora non c’è stata chiarezza da parte dell’amministrazione comunale, che in casi come questi dovrebbe fungere da regia ed essere poi il riferimento per i cittadini. È vero che l’accoglienza è gestita dallo Stato, ma un Comune dovrebbe sedersi ai tavoli e orientare le scelte. La sensazione invece è che Palazzo Barbieri finora sia stato spettatore».

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«È grave, per non dire gravissimo che sia la politica a mettersi in prima linea per aizzare le paure dei cittadini e delle cittadine facendo leva su presunti pericoli e disagi». Così, dalla maggioranza, il movimento civico Traguardi ha replicato alla consigliera Bertaia e all'onorevole Tosi, i quali anche stamattina hanno chiesto al Comune di intervenire per evitare l'apertura del cas nel quartiere Filippini. Dal punto di vista strettamente tecnico, però, il Comune di Verona ha poca voce in capitolo, dato che la gestione dell'accoglienza è in capo al Ministero dell'interno e quindi alla Prefettura. La decisione la deve prendere il prefetto, il quale è libero di confrontarsi con Diocesi e Caritas per l'apertura del cas. Confronto che comunque viene seguito dal Comune, come spiegato in consiglio comunale dall'assessora Ceni.
«Innanzitutto va sottolineato che la maggioranza dei residenti non è affatto spaventata da una prospettiva che di per sé non ha nulla di allarmante - ha fatto sapere Traguardi - Anzi, alla notizia dell'apertura del cas, molte famiglie hanno espresso la propria disponibilità a dare una mano e questo perché da sempre la vocazione del quartiere è fortemente improntata all'accoglienza e alla solidarietà, anche grazie la presenza dei padri filippini che sono molto attivi su tutti i fronti del sociale con una serie di servizi a supporto di chi è in difficoltà. È da irresponsabili paventare minacce inesistenti ed è doppiamente irresponsabile quando a farlo sono gli amministratori pubblici. Altri cas sono stati gestiti all'interno di quartieri densamente popolati, come San Giovanni in Valle o San Zeno, e a quanto ci risulta i rapporti con la popolazione sono stati sempre generativi di collaborazioni. Non vorremmo che, in questo caso, il tema della sicurezza fosse solo un pretesto e che, molto più banalmente, a qualcuno semplicemente non piaccia l'idea di avere dei profughi sotto casa o sotto i propri appartamenti a uso turistico. Il fenomeno delle migrazioni non è un problema di sicurezza pubblica, ma una questione sociale da affrontare anche con spirito di solidarietà e accoglienza».

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