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Baby gang, Pasetto: «Reprimere ad occhi chiusi non è da città civile»

Il candidato di +Europa replica ai consiglieri della minoranza di Verona che chiedono pugno duro contro i giovani che delinquono. «Si utilizzino gli strumenti dell'assistenza e dell'inclusione sociale»

La sicurezza rimane un tema centrale del dibattito politico, soprattutto in campagna elettorale. Un argomento che a Verona è stato recentemente declinato nella forma della delinquenza minorile e sintetizzato nel generico concetto delle "baby gang". Può capitare che per giorni non se ne parli, poi, basta un fatto di cronaca per ridare il via al circuito dei commenti.

Giovedì scorso, 8 settembre, un gruppo di minorenni ha aggredito e rapinato dei coetanei a Borgo Santa Croce. E nei giorni precedenti, sempre dei minori avevano preso a sassate due agenti di polizia fuori servizio. Episodi non collegati tra loro che però accrescono il senso di insicurezza tra i cittadini.

Insicurezza a cui la coalizione di centrodestra risponde sempre proponendo una repressione più severa per chi delinque, anche se i colpevoli in questo caso sono minorenni. Ma «una politica che reprime ad occhi chiusi è l'opposto di una città civile», ha replicato Giorgio Pasetto, candidato al Senato con +Europa, partito della coalizione di centrosinistra che sostiene il sindaco Damiano Tommasi. «Soprattutto, prima di pensare alla repressione come strumento di ordine pubblico, dobbiamo sapere chi sono davvero questi ragazzini, che storia hanno alle spalle e in che contesto crescono», ha aggiunto Pasetto, che così replica alla Lega e alle altre forze di minoranza che nei giorni scorsi hanno predicato il pugno duro contro i giovani che commettono reati.

«Sono sbandati, senza punti di riferimento e con un grave vuoto educativo - ha commentato Pasetto, riferendosi ai minori che delinquono - Se dei ragazzini diventano violenti, c'è qualcosa che non va intorno a loro. Abbandono, disagi famigliari, mancanza di spazi e strutture adeguate e una città che da troppo tempo nasconde i problemi invece che affrontarli. La politica ha il dovere di interrogarsi su come vivono i nostri giovani e le istituzioni devono intervenire prima che si rovinino la vita con le loro mani e la rovinino ad altri. Si deve cominciare con farli identificare dalla polizia municipale, quando sono in giro in gruppo, prima che commettano reati; censirli, sapere dove e in che condizioni vivono. Prevedere protocolli di intervento con i servizi sociali, coinvolgere le istituzioni fino ad ora assenti, utilizzando gli strumenti dell'assistenza e dell'inclusione sociale».

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