Poste Italiane, Valdegmaberi contro la chiusura degli sportelli
Il consigliere regionale dell'Udc: "I servizi pubblici essenziali non possono essere sottoposti alla pura legge della domanda e dell'offerta, altrimenti non sarebbero più pubblici"
"La chiusura degli uffici postali nelle aree marginali accentua gli squilibri tra i territori del Veneto." Lo sostiene il consigliere regionale dell'UdC, Stefano Valdegamberi, che sottolinea che i più colpiti dall'annunciata chiusura degli uffici postali saranno i territori della collina e della montagna veronese e venete in generale.
“Come sempre - dichiara Valdegamberi - sono i centri più deboli e periferici a fare le spese per primi. La necessità di mantenere i servizi nei territori marginali e più deboli della nostra provincia dovrebbe rispondere al principio che il mantenimento in vita della montagna e delle aree marginali è un valore non solo per le persone che vi abitano ma per l'intera collettività. Quindi una valutazione economica che guardi solo al profitto di un'azienda che produce servizi di pubblica utilità - sottolinea l'esponente dell'UdC - è una valutazione parziale, non esaustiva. Infatti, la permanenza della popolazione nelle aree marginali è correlata a due fattori: il lavoro ed i servizi. Il venir meno di uno di queste due condizioni essenziali - osserva ancora - porta progressivamente la gente ad emigrare ed a congestionare le aree urbane, dotate di maggiori servizi (scolastici, socio-sanitari, commerciali, etc), più facilmente ed economicamente fruibili. Lo spopolamento e l'abbandono delle aree marginali produce dei costi sociali, purtroppo non contabilizzati nei conti economici né delle aziende private né nelle aziende pubbliche o para-pubbliche, ma che incidono, seppur indirettamente, in maniera non irrilevante nel bilancio dello Stato. Sono costi che ineriscono soprattutto alla conservazione ed alla manutenzione del territorio e dell'ambiente, al patrimonio storico e culturale, il cui valore (anche in termini economici) appartiene non solo agli abitanti delle aree marginali, ma all'intera collettività. Le poste e telecomunicazioni Spa, non considerano questi aspetti ma lo Stato, suo azionista al 100% , dovrebbe farlo. Altrimenti rischia di fare harakiri con se stesso. I servizi pubblici essenziali - conclude Valdegamberi - non possono essere sottoposti alla pura legge della domanda e dell'offerta, altrimenti non sarebbero più “pubblici”. O lo Stato ha questa visione dell'interesse generale, o, altrimenti, si ritiri e lasci totalmente lo spazio al mercato. Ma allora andremo tutti ad abitare in città”.