Al Teatro Nuovo va in scena lo spettacolo "The Price" tratto dall'opera di Arthur Miller
Dal 28 marzo al 2 aprile 2017 sul palco del Teatro Nuovo di Verona va in scena lo spettacolo "The Price" ("Il prezzo") tratto dall'opera di Arthur Miller.
"The Price" debutta nel 1968 al Morosco Theatre di Broadway. Il successo è strepitoso, sono ben quattrocentoventinove le repliche consecutive. In Italia va in scena nel 1969 con Raf Vallone e Ferruccio De Ceresa che interpretano i due fratelli e con Mario Scaccia nei panni di Gregory. Soltanto nel 2015 Il prezzo esce in volume nella traduzione italiana.
Quando scrive "The Price" Arthur Miller (1915-2005) ha già alle spalle il successo di Erano tutti miei figli, Morte di un commesso viaggiatore e Uno sguardo dal ponte. Sul piano personale può contare già tre matrimoni (il secondo dei quali con Marylin Monroe) e il delicato disconoscimento di un figlio: una situazione che accentua la sua visione tragica del rapporto tra “privato e sociale, tra moralità individuale e legge, tra colpa e innocenza”.
«Sei anni fa – dichiarava Orsini nel 2015 in occasione del debutto dello spettacolo nel decennale della scomparsa di Miller – nella biblioteca del National Theatre di Londra mi capitò tra le mani The Price di Arthur Miller e la memoria mi riportò allo spettacolo interpretato da Raf Vallone. Cominciai la lettura e fui catturato dal dialogo e dall’attualità della vicenda. Cercai una traduzione italiana ma era inesistente. Decisi che avrei portato in scena la commedia solo se avessi trovato tre bravissimi attori nei ruoli principali e in tal caso per me avrebbe avuto un senso interpretare Gregory Solomon, il mediatore di mobili di novant’anni. I miei desideri si sono avverati: ho tre splendidi compagni e finalmente – concludeva Orsini – Il prezzo gode di una traduzione italiana».
«È un testo molto importante – dice l’attore-regista Massimo Popolizio – perché riprende argomenti cari a Miller e ad altri autori americani del Novecento che hanno focalizzato sul tema della famiglia e del disagio legato a mutamenti storico-economici il loro interesse. In questa commedia tutto ha un prezzo: le scelte, i ricordi, gli errori, le vittorie e le sconfitte. Ma quello che mi ha colpito di più in questo lavoro così ben strutturato nella sua alternanza di momenti divertenti e di momenti drammatici è stata la consistenza e lo spessore dei quattro personaggi che animano la storia. Un dialogo a volte divertente e caustico e a volte drammatico come in un dramma di O’Neil. Ho avuto l’occasione di stare in scena con colleghi che amo e di ripetere con Umberto quel sodalizio che ci ha legati per anni, da L’uomo difficile fino a Copenaghen. È stata un’esperienza felice dirigerli perché essi – conclude Popolizio – parlano un linguaggio che ben conosco: quello del teatro di interpretazione».
Due fratelli che non si parlano da molti anni si ritrovano in una casa che sta per essere abbattuta. Devono vendere i mobili di famiglia (lí accatastati dopo la morte del padre che è stato vittima della crisi del 1929) a un anziano antiquario ebreo-russo. Tra un prezzo e un altro da concordare, ripercorrono le loro vite e si confrontano sulle diverse scelte fatte: la famiglia, la carriera, l'accudimento del padre. Le piú radicate convinzioni su come siano andate le cose in famiglia si sgretolano a poco a poco. E su entrambi aleggia la figura del vecchio antiquario, misteriosa, fantasmatica, ambigua, carica di un istinto vitale che i due fratelli sembrano avere smarrito.
(fonte foto Teatro Stabile Veneto)