"The '70s. Una stagione felice del cinema americano" | Il programma di sabato 23 aprile 2016
Sabato 23 aprile seconda giornata della rassegna cinematografica ad ingresso libero "The '70s. Una stagione felice del cinema americano" in Gran Guardia con tre film davvero imperdibili:
- Stop a Greewich Village (1976) di Paul Mazursky alle 16.00
Il film è in parte autobiografia e in parte finzione, ma è un tutt’uno in quanto Mazursky riesce a catturare il tono degli anni ’50. Larry e i suoi amici girovagano per il Village, occupano l’angolo di un caffè, vivono gli uni negli appartamenti degli altri, condividono i problemi. La vita sembra completa, ma è solo un rito di passaggio, con il Village che rappresenta soltanto una fermata, dove si possono sperimentare nuove idee e amicizie, si può crescere ma anche espandersi. E nel momento in cui Larry lascia finalmente New York (con un emblematico riferimento a Amarcord di Fellini nella visita del vecchio quartiere) capiamo che non lascia soltanto la città. Forse per questo il film sembra affettuosamente datato, perché rappresenta un periodo della vita ben definito, che ha inizio con l’adolescenza e trova la sua fine nell’età adulta, e che non può essere esteso o preservato, soltanto ricordato». Roger Ebert
- Il visionario The Warriors (I guerrieri della notte, 1979) di Walter Hill alle 18.00
«Film d’avventura dove la megalopoli assume l’aspetto di una foresta ostile, The Warriors è il primo grande successo internazionale del regista Walter Hill. La fotografia, che deve moltissimo alla sua cultura iperrealista, e la recitazione dei giovani e bravi protagonisti ne fanno una tragedia veramente contemporanea, che pure si riallaccia alle mitologie più classiche del cinema drammatico americano, in particolare dei generi gangster e western. È un film che ha molto contribuito al ritorno del cinema dedicato alla violenza e al disadattamento giovanile, collegandosi in maniera originale ai classici Gioventù bruciata e West Side Story, aprendo così la strada alle successive esperienze di Coppola. Sospeso fra una cronaca allucinata e una mitizzazione esasperata, il film estrae dal romanzo di Sol Yurick una densa materia narrativa per immergerla nel magma formicolante di immagini. Non c’è alcuna intenzione documentaria, né alcuno scandaglio sociologico. C’è soltanto la raffigurazione di un inferno multicolore, cupamente notturno, in cui si esaurisce l’impegno del regista e dei suoi collaboratori. Se si vuole, The Warriors può essere considerato una metafora della vita in una grande città moderna (o post moderna)». Diego Cassani, Sequenze
- Il leggendario The Deer Hunter (Il cacciatore, 1978) di Michael Cimino alle 21.00
«The Deer Hunter di Cimino è una marcia da un matrimonio a un funerale. La storia di un gruppo di amici. È la testimonianza di come la guerra in Vietnam abbia toccato molte vite alterandole drasticamente per sempre. Non è un film contro la guerra. Non è un film a favore della guerra. È uno dei film più sconvolgenti mai fatti. Il gioco della roulette russa diventa il simbolo organizzativo del film. Tutto ciò che pensate del gioco, della sua violenza deliberatamente casuale, di come tocchi la sanità mentale degli uomini costretti a giocarvi, verrà applicato alla guerra in generale. È un simbolo brillante, perché nel contesto di questa storia, rende qualsiasi asserzione ideologica sulla guerra completamente superficiale. A questo punto dovrei elogiare o criticare particolari del film, ma tutte le osservazioni diventano irrilevanti quando vi immergete nella storia. Vi prende e vi porta con sé senza mai lasciare la presa. Non è apertamente contro la guerra, d’altronde perché dovrebbe esserlo? Diamine, siamo tutti contro la guerra, adesso. Quello su cui The Deer Hunter insiste è di non dimenticarci della guer ra». Roger Eber