Le mie lettere sono fatte per essere bruciate: Dino Campana - Sibilla Aleramo
Si inaugura martedì 27 marzo alle ore 18 presso il Piccolo Teatro di Giulietta – Foyer del Teatro Nuovo con lo straordinario carteggio tra Sibilla Aleramo e Dino Campana la rassegna dedicata ai più famosi epistolari di poeti e scrittori del Novecento. “Lettere d’amore”, con il patrocinio del Comune di Verona, la direzione artistica del Teatro Nuovo e la collaborazione del Club di Giulietta e dell’istituto Internazionale per l’Opera e la Poesia, darà voce alle più belle lettere d’amore di ogni tempo.
LE MIE LETTERE SONO FATTE PER ESSERE BRUCIATE - Sibilla Aleramo e Dino Campana. Entriamo in punta di piedi in questa storia d’amore estrema e forte, quasi chiamati a compiere un viaggio : un “viaggio chiamato amore” come lo definì genialmente Campana stesso.
Siamo nel 1916. La ribelle e nota Sibilla Aleramo, femminista ante-litteram e gran seduttrice, dopo la lettura dei Canti Orfici decide di scrivere all’autore, Dino Campana. Sibilla non era nuova nel fare il primo passo, con confidente disinvoltura, avvicinando scrittori e scriventi per divenirne poi l’amata, ma questa volta l’autrice trova una personalità geniale e dura che le tiene testa. E gliela fa perdere. Il tre agosto ella raggiunge Campana a Marradi. E la passione scoppia.
Ci saranno sei o sette incontri, andirivieni, corse e rincorse tra Pisa, Livorno, Firenze, botte, minacce, gioia e lacrime, sino a quelle finali, del poeta solo e malato chiuso nel manicomio di San Salvi a Firenze. Tutti questi eventi- ormai perfettamente ricostruiti dai biografi e dalla studiosa Bruna Cinti- sono sublimati e quasi resi teatrali in un gioco di specchi tra vita, lettere e letteratura, che ci fa piombare in un mondo speciale e complesso, di passioni tanto invidiabili quanto pericolose.
Nessuno dei due scrittori cambia il proprio “stile” nell’epistolario : lettere numerose, prolisse e teatrali quelle di Sibilla, eccentriche e fulminee quelle del Campana, che addirittura esordisce in francese (proprio a stoppare il flusso riverberante dei lessemi aleramiani) e dichiara di non amare l’epistolografia. Stili che si conservano sino a quando la vita avrà la meglio sui pensieri e i voli della mente, quando cioè le poche brevi righe con la disperata richiesta di una visita in manicomio, da parte di Campana, concluderanno il viaggio.
Sempre pronta a parlare di sé, Sibilla non raccontò mai la sua storia con Dino. Ne affidò la memoria alle lettere che consentì a far pubblicare solo nel 1958, due anni prima di morire.
(Rossana Valier)