Verona, Orto botanico, osservatorio e rifugio Novezzina: la promozione del Baldo si fa in "rete"
L'intento primario è la valorizzazione del territorio a 360 gradi per creare un luogo confortevole e di istruzione. Questi due aspetti dovranno, nelle intenzioni della Provincia, saper creare un indotto di eccellenza e cultura
Per i prossimi sei anni, la gestione delle strutture del Monte Baldo saranno gestite dall'associazione temporanea di imprese formata da Cooperativa Sociale Centro di Lavoro San Giovanni Calabria e Circolo Astrofili Veronesi. Questa la decisione ufficializzata in Provincia. L'obiettivo primario è la valorizzazione dei gioielli del territorio attraverso eventi in programma fino al 2 ottobre: escursioni, laboratori, conferenze rivolte a famiglie, scuole e turisti.
Il comprensorio del Monte Baldo è attraversato da flussi turistici importanti, attirati dal paesaggio e dagli ottimi prodotti tipici. Valorizzare quest'area significa quindi mettere in risalto un settore strategico per tutto il territorio scaligero. "Questo è possibile - spiega il presidente della Provincia, Giovanni Miozzi - anche grazie alla rete efficace dei due enti, che per i prossimi sei anni gestirà i due gioielli del Baldo: Osservatorio e Orto botanico". L'intento primario è la valorizzazione del territorio a 360 gradi per creare un luogo confortevole e di istruzione. Questi due aspetti dovranno saper creare un indotto di eccellenza e cultura. Basti pensare, ad esempio, alla crescente domanda da parte dei visitatori di cibi sani e biologici. Per tale motivo, infatti, l'Orto Botanico proporrà erbe anche nel piatto, distinguendosi per originalità e unicità”.
“Funzioni didattiche, scientifiche e di etnobotanica - segnala Daniele Zanini, direttore scientifico dell'Orto Botanico - sono solo alcuni degli scopi che una struttura come questa dovrebbe perseguire. Attualmente, in collaborazione con le università di Medicina e farmacologia, stiamo studiando quattro specie di erbe per scoprirne le proprietà benefiche. In particolare, stiamo cercando di recuperare una pianta da sempre cresciuta in situ, l'Aconitum anthora”.