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Cultura Centro storico / Piazza Francesco Viviani

"Il Grande Teatro" torna al Nuovo con ben 48 rappresentazioni in programma

Umberto Orsini, Pierfrancesco Favino, Eros Pagni, Alessio Boni sono solo alcuni dei grandi nomi del teatro italiano che calcheranno il palco del Teatro Nuovo nelle 38 serate in cui le opere classiche si alterneranno a quelle contemporanee

Dal 6 novembre al 17 marzo – per complessive quarantotto rappresentazioni – è in programma al Nuovo la trentatreesima edizione della rassegna Il Grande Teatro organizzata dal Comune di Verona e dal Teatro Stabile di Verona con Unicredit come main partner e l’azienda vinicola Santi come official partner. La rassegna si avvale anche del contributo di Agsm.

«Quest’anno, più che mai, la rassegna invernale nata nel 1986 per volontà dell’Assessorato alla Cultura per portare a Verona le migliori produzioni teatrali del panorama nazionale, può vantare – sottolinea l’assessore alla Cultura Francesca Briani – una gamma di grandi attori particolarmente amati dal pubblico e pluripremiati. Tre, in particolare, appena quattro giorni fa con le prestigiose Maschere del Teatro: due di loro (presenti quest’anno con Salomè) proprio per Sei personaggi in cerca d’autore presentato nella scorsa edizione della nostra rassegna, Favino per il monologo di Koltès che proporrà a fine gennaio».

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«Un cartellone di alto livello – dichiara il direttore artistico della rassegna Gianpaolo Savorelli – che se una parte propone quattro “classici”, due di puro teatro (Goldoni e Wilde) e due di narrativa adattati al teatro (Cervantes e Hugo), dall’altra spazia negli ultimi quarant’anni proponendo quattro opere di autori contemporanei: dal testo di Koltès del 1977 al testo di Adler del 1981 (adattato al teatro dopo il successo del film nel 1989), da Copenaghen del 1998 al Churchill del quarantaquattrenne Carlo Gabardini che ancora deve debuttare. Tutt’altro che antitetici fra loro, i due filoni proposti quest’anno attestano la vitalità del teatro, il desiderio di attori, registi, produttori e autori, di percorrere sempre più spesso strade nuove».

«Con questo programma – aggiunge Paolo Valerio, direttore del Teatro Stabile di Verona appena promosso “Centro di Produzione Teatrale” dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali – siamo riusciti, insieme al Comune di Verona, a selezionare proposte di grande qualità, confermandoci così partner culturali per la città e per il suo territorio. Status che l’importante promozione giunta dal Ministero legittima ulteriormente e fa di Verona una delle città teatralmente più attive e apprezzate in Italia».

Inaugura la rassegna, dal 6 all’11 novembre, una produzione Compagnia Umberto Orsini e Teatro di Roma - Teatro Nazionale in coproduzione con CSS Teatro Stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia: COPENAGHEN di Michael Frayn

con la regia di Mauro Avogadro. Ne sono protagonisti Umberto Orsini, Massimo Popolizio

e Giuliana Lojodice. Si tratta di un thriller scientifico-politico a tre voci, scritto dall’inglese Michael Frayn (1933), andato in scena in prima assoluta a Londra, al Royal National Theatre, nel 1998. Il thriller verte sull’incontro, avvenuto nel 1941 nella Danimarca occupata dai nazisti, fra due grandi fisici: il danese Niels Bohr (fondamentali i suoi studi per la struttura atomica e la meccanica quantistica e Premio Nobel nel 1922) e il tedesco Werner Karl Heisenberger, padre del principio dell’indeterminazione e Premio Nobel nel 1932. L’incontro avvenne al cospetto di Margrethe, moglie di Bohr.

«Questo capolavoro di Frayn che Giuliana Lojodice, Massimo Popolizio e io avevamo messo in scena diciannove anni fa a Udine – dice Umberto Orsini –  è stato più volte da noi ripreso. L’ultima volta, nove anni fa, fu recensito dalla totalità della critica in maniera entusiastica, e fu veramente amato da un pubblico sempre numerosissimo. Alla luce dei precedenti successi ho pensato che valga la pena riproporlo, anche alla luce, purtroppo, della sorprendente attualità del tema trattato».

La rassegna prosegue, dal 20 novembre al 25 novembre con LA LOCANDIERA di Carlo Goldoni nell’adattamento di Francesco Niccolini con la regia di Paolo Valerio e dello stesso Niccolini. Accanto alla protagonista Amanda Sandrelli sono in scena Alex Cendron, Giuliana Colzi, Andrea Costagli, Dimitri Frosali, Massimo Salvianti e Lucia Socci. Lo spettacolo è presentato da Arca Azzurra Produzioni e dal Teatro Stabile di Verona.

«Fra tutte le commedie da me sinora composte – scriveva  Goldoni – starei per dire esser questa la più morale, la più utile, la più istruttiva. Sembrerà ciò essere un paradosso a chi vorrà fermarsi a considerare il carattere della Locandiera, e dirà anzi non aver io dipinto altrove una donna più lusinghiera, più pericolosa di questa». «Goldoni – commenta Niccolini – non lascia scampo a dubbi: eppure per quasi duecento anni la tradizione ha voluto che Mirandolina fosse inchiodata alla sua natura dolciastra, un po’ cocotte, effervescente gaia ed esuberante. Era stata Eleonora Duse a fotografare questa tradizione con tre sole parole: “Brio, brio, brio”. Nel feroce mondo nuovo che Carlo Goldoni sa dipingere – prosegue Niccolini –  la locandiera chiude tutte le porte, piega e stira panni, allontana il vero amore, sposa senza sentimenti il suo servo. Resta così l’indiscussa padrona della sua vita, ma scalza, con la testa e il cuore svuotati. Al sicuro, certo, ma spogliata di quel turbamento amoroso che, inatteso, è arrivato a stravolgere la vita e i piani. Rinuncia, Mirandolina. Si sposa cinicamente, con il commento più feroce che mai abbia accompagnato una brulla cerimonia: “Anche questa è fatta”. E tutti – conclude Niccolini – vissero infelici e scontenti».

Il terzo spettacolo in cartellone è I MISERABILI tratto dal romanzo omonimo di Victor Hugo. Prodotto da CTB Centro Teatrale Bresciano, dal Teatro Stabile Del Friuli Venezia Giulia  e dal Teatro degli Incamminati, è in programma dal 4 al 9 dicembre.

«È stata una vera e propria sfida portare in scena un romanzo di mille e cinquecento pagine che appartengono alla storia non solo della letteratura, ma del genere umano». Lo dice Luca Doninelli, autore dell’adattamento teatrale di questo capolavoro che sa parlare a ogni epoca perché tocca grandi temi universali: la dignità, il dolore, la misericordia, la giustizia, la redenzione.
«La scelta di mettere in scena I miserabili  – dice il regista Franco Però – deriva anche dal periodo che stiamo vivendo nelle società occidentali dove si assiste all’inesorabile ampliarsi della forbice fra i “molto ricchi” e i “molto poveri”, fra chi è inserito nella società e chi invece ne è ai margini. Victor Hugo continua a stupirci e a impressionarci per le assonanze con l’attualità, per la capacità di affrontare temi diversissimi, di mettere assieme momenti alti e momenti bassi». Il ruolo del protagonista Jean Valjean è interpretato da Franco Branciaroli che definisce il suo personaggio “uno strano santo, una figura angelico-faustiana, il ritratto di un’umanità che forse deve ancora venire”. Insieme a Branciaroli sono in scena Alessandro Albertin, Silvia Altrui, Filippo Borghi, Romina Colbasso, Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Andrea Germani, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos e Valentina Violo.

La quarta opera in cartellone (la prima del 2019) è LA GUERRA DEI ROSES di Warren Adler, una produzione La Pirandelliana e Goldenart Productions. In programma dal 15 al 20 gennaio, si avvale della regia di Filippo Dini e ha per protagonisti Ambra Angiolini e Matteo Cremon. In scena anche Massimo Cagnina ed Emanuela Guaiana.

La guerra dei Roses è un romanzo del 1981 che nel 1989 diventò un successo cinematografico con Michael Douglas e Kathleen Turner e con la regia di Danny De Vito. A firmare il soggetto del film fu lo stesso Warren Adler (1927) che successivamente ne firmò anche un  adattamento teatrale. La guerra dei Roses ripercorre le fasi della lenta e terribile separazione tra i coniugi Roses, lui ricco e ambizioso uomo d’affari, lei una moglie obbediente che lo ha accompagnato nella sua brillante ascesa. «Adler – dice Filippo Dini – ci pone di fronte a una delle più potenti deflagrazioni umane: la separazione di un uomo e una donna che hanno condiviso un grande amore. Addirittura la paragona a una guerra. Non a una guerra qualsiasi. A una delle più sanguinose guerre della storia inglese, una guerra nata in “casa” appunto, la guerra tra due rami della stessa famiglia, la “Guerra delle due rose”».

La rassegna prosegue (dal 29 gennaio al 3 febbraio) con LA NOTTE POCO PRIMA DELLE FORESTE di Bernard-Marie Koltès (1948-1989), protagonista Pierfrancesco Favino che cura anche l’adattamento teatrale, regia di Lorenzo Gioielli. Lo spettacolo è prodotto dagli Ipocriti. Andato in scena ad Avignone nel 1977 quando Koltès aveva ventinove anni, La notte poco prima delle foreste è annoverabile, insieme a Nella solitudine dei campi di cotone del 1986, tra i capolavori di questo drammaturgo la cui vita fu segnata da un perenne desiderio di rivolta. Già prodotto dagli Ipocriti nel 2001 (allora il monologo era interpretato da Giulio Scarpati) e proposto da Claudio Santamaria nel 2010, La notte poco prima delle foreste approda ora – nella meravigliosa interpretazione di Favino – nei principali teatri italiani dopo il debutto lo scorso gennaio al Teatro Ambra Jovinelli e la presentazione di una scena all’ultimo Festival di Sanremo. L’intelaiatura di quest’opera (dove il protagonista incontra un giovane amico sotto una pioggia battente) è un paradigma straordinario, un testo fluentissimo e irto nella sua prosa vertiginosa, aliena da punteggiatura ferma, tutta pervasa di anacoluti e biasimi come un romanzo-pamphlet di Céline. La notte poco prima delle foreste è un poema teatralissimo che affronta i problemi dell’identità, della moralità, dell’isolamento, dell’amore non facile.

«Mi sono imbattuto in questo testo un giorno lontano, mi sono fermato ad ascoltarlo senza poter andar via – dice Favino – e da quel momento vive con me ed io con lui. Mi appartiene, anche se ancora non so bene il perché. È uno straniero che parla in queste pagine. Non sono io, la sua vita non è la mia eppure mi perdo nelle sue parole e mi ci ritrovo come se lo fosse. Il suo racconto mi porta in strade che non ho camminato, in luoghi che non ho visitato.

Come un prestigiatore fa comparire storie di donne, di angeli incontrati per caso, di violenze e di paura di ciò che non conosciamo. Forse è anche a questo che serve il Teatro e mi auguro – conclude Favino – di riuscire a portarvi dove lui porta me».

Pochi giorni fa, proprio per La notte poco prima delle foreste, Pierfrancesco Favino ha vinto il prestigioso premio Maschere del Teatro come “migliore interprete di monologo”.

Il sesto appuntamento del Grande Teatro è (dal 12 al 17 febbraio) con DON CHISCIOTTE, spettacolo tratto dal romanzo di Miguel de Cervantes. Prodotto dal Nuovo Teatro e dal Teatro della Toscana - Teatro Nazionale si avvale dell’adattamento di Francesco Niccolini e della regia di Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer. Ne sono protagonisti Alessio Boni, Serra Yilmaz e Marcello Prayer.

«Chi è pazzo? Chi è normale? Forse chi vive nella sua lucida follia – dice Alessio Boni – riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. L'animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L'uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire?

Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l'ha reso immortale.  È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete –  avvalendosi del sogno, della fantasia, dell'immaginazione – sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano – conclude Boni – di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e (perché no?) Don Chisciotte».

In programma dal 26 febbraio al 3 marzo il penultimo appuntamento della rassegna: SALOMÈ di Oscar Wilde con Eros Pagni e Gaia Aprea e con la regia di Luca De Fusco . Lo spettacolo è prodotto da due teatri stabili nazionali (quello di Napoli e quello di Genova), dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e dal Teatro Stabile di Verona.

Salomè fu scritta in lingua francese nel 1891 e pubblicata nel 1893. Wilde la scrisse in una lingua che definiva l’unica vera lingua oltre al greco. La lingua francese corrisponde al greco parlato nella Giudea ellenizzata e al greco del Nuovo Testamento. La non profonda padronanza del francese da parte di Wilde servì a dare l’impressione di un tono semitico, soprattutto negli interventi del profeta Iokanaan, che doveva parlare un greco corrotto, per un cosciente disprezzo dell’ellenismo.

«Poche volte – sottolinea Luca De Fusco – si verifica un caso di un titolo tanto noto quanto poco rappresentato. Salomè è un grande archetipo, un simbolo eterno di amore e morte ma la sua versione lirica è comunemente rappresentata mentre il capolavoro di Wilde sembra destinato più alla lettura che alla rappresentazione. In effetti i registri che Wilde usa oscillano tra il drammatico, l’ironico, l’erotico, il grottesco in una miscela che è effettivamente molto ambigua e di difficile rappresentazione proprio per i suoi meriti, ovvero per la sua originalità, che la fa solo in apparenza somigliare ad una tragedia greca mentre in realtà ci troviamo di fronte ad un’opera unica nel genere. È inoltre enigmatica ed inafferrabile la natura della protagonista e il suo desiderio di amore e morte che non trova logiche spiegazioni».

Come Pierfrancesco Favino, sia Eros Pagni che Gaia Aprea sono stati insigniti del premio Maschere del Teatro 2018, lui come miglior attore protagonista e lei come miglior attrice protagonista, entrambi per Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello proposto con grande successo nella scorsa edizione del Grande Teatro.

A chiudere Il Grande Teatro (dal 12 al 17 marzo) sarà CHURCHILL di Carlo Gabardini

con Giuseppe Battiston e Maria Roveran, regia di Paola Rota. Nello spettacolo, prodotto dal Nuovo Teatro, Battiston incontra la figura di Churchill, la porta in scena, la reinventa, indaga il mistero dell’uomo attraverso la magia del teatro, senza mai perdere il potente senso dell’ironia, Ci mostra così Churchill in un presente onirico in cui l'intera sua esistenza è compresente e finisce per parlare a noi e di noi oggi con una precisione disarmante.

«Possibile – si chiede Battiston – che un uomo da solo riesca a cambiare il mondo? Un uomo fatto come gli altri, con un corpo uguale agli altri, le cui giornate sono costituite da un numero di ore che è lo stesso di quelle degli altri. Cosa lo rende capace di cambiare il corso della storia, di intervenire sul fluire degli eventi modificandoli? Cosa gli permette di non impantanarsi nella poderosa macchina del potere e della politica, di non soccombere agli ingranaggi? La capacità di leggere la realtà? Il contesto? Il coraggio? La forza intellettuale?

Queste domande ci guidano nell’interesse per un uomo sicuramente non qualunque, un uomo, un politico che è un’icona, quasi una maschera. Winston Churchill per certi versi è il Novecento, è l'Europa, forse è colui che, grazie alle sue scelte politiche, ha salvato l'umanità dall'autodistruzione durante il bellicoso trentennio che va dal 1915 al 1945. Churchill incarna il primato della politica e umanamente è un eccesso in tutto: tracanna whisky, urla, sbraita, si lamenta, ma senza mai arrendersi, fuma sigari senza sosta, tossisce, detta ad alta voce bevendo champagne, si ammala, comanda ma ascolta, è risoluto ma ammira chi è in grado di cambiare idea, spesso lavora sdraiato nel letto, conosce il mondo ma anche i problemi dei singoli, ha atteggiamenti e espressioni tranchant, e battute che davvero sembrano tweet. Celeberrima, tra le tante – conclude Battiston – quella che  “gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre”».

Nei giovedì di spettacolo, alle ore 18.00, gli attori incontreranno il pubblico.

INFORMAZIONI tel. 0458006100 e www.ilgrandeteatro.comune.verona.it

e www.teatronuovoverona.it

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RINNOVO ABBONAMENTI

Dal 24 agosto al 29 settembre presso Box Office (via Pallone 16, tel. 0458011154) dal lunedì al venerdì (9.30-12.30 e 15.30-19.30) e il sabato (9.30-12.30).

Dal 1° all’11 ottobre presso la biglietteria di Palazzo Barbieri (angolo via Leoncino 61, tel. 0458066488 e 0458066485) dal lunedì al sabato (16.00-19.00)

ACQUISTO NUOVI ABBONAMENTI

Dal 15 al 25 ottobre presso la biglietteria di Palazzo Barbieri (angolo via Leoncino 61, tel. 0458066488 e 0458066485) dal lunedì al sabato (16.00-19.00).

BIGLIETTI PER SINGOLI SPETTACOLI in vendita dal 29 ottobre presso:

˜ Teatro Nuovo, piazza Viviani 10 tel. 0458006100 dal lunedì al sabato dalle 15.30 alle 20.00

˜Cinema Teatro Alcione, via Verdi 20 in orario di proiezioni, tel. 0458400848

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˜ Circuito Geticket

˜ Sportelli Unicredit Banca abilitati, tel. 800323285, call center 848002008

˜ on line su www.geticket.it

Su proposta dell’Associazione disMappa e con la collaborazione del Comune di Verona, il Teatro Nuovo (tra i primi a sottoscrivere il MANIFESTO DEI TEATRI ACCESSIBILI) promuove le proprie attività artistiche e culturali rendendo più semplice la partecipazione del pubblico con disabilità. 

Per la rassegna vale la tariffa TEATRI 10 E LODE: 10 euro per carrozzina e posto di platea, 20 euro se i posti da occupare sono due.

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