Al cinema Pindemonte due capolavori restaurati del Maestro Francesco Rosi
In omaggio a Francesco Rosi la Cineteca di Bologna ha restaurato i seguenti capolavori di Cinema d'inchiesta del Maestro scomparso il 10 gennaio che vengono riproposti in versione digital:
Lunedì 6 luglio ore 18:00 - 22:00 Martedì 7 Luglio ore 16:00 - 20:00 al cinema Pindemonte
"LE MANI SULLA CITTÀ" (Italia 1963 - Drammatico - b/n - 110')
regia di Francesco Rosi
con Rod Steiger - Guido Alberti - Marcello Cannavale
Leone d'Oro alla Mostra Internazionale d'arte Cinematografica di Venezia 1963
Napoli, primi Anni Sessanta. Crolla un palazzo a causa di un cantiere limitrofo di proprietà di un certo Nottola, speculatore edilizio appoggiato dalla maggioranza che guida l'amministrazione della città. Viene aperta una commissione d'inchiesta dalla quale emerge che le pratiche per la concessione sono state corrette dal punto di vista formale. Nottola è però diventato 'scomodo' e non è possibile garantirgli il posto da assessore che egli pretende in seguito alle ormai imminenti elezioni.
Ci sono film, anche di valore, che con il passare degli anni perdono la presa che ebbero al momento della loro uscita e restano lì a farsi ammirare come un prezioso utensile del passato di cui riconosciamo la perfezione ma che può solo restare chiuso in una teca. Altri invece (e il film di Rosi è fra questi) che invece conservano una loro inattaccabile attualità. Verrebbe da dire: purtroppo. Purtroppo perché quei problemi, quel malcostume, quel modo di intendere l'amministrazione della cosa pubblica perdurano. È sicuramente anche questo uno dei motivi della tenuta di Le mani sulla città ma quello che lo distacca dalla cronaca politica è lo stile narrativo.
Lunedì 6 Luglio ore 16:00 - 20:00 Martedì 7 Luglio ore 18:00 - 22:00 al cinema Pindemonte
"SALVATORE GIULIANO" (Italia 1962 - Drammatico - b/n - 107')
regia di Francesco Rosi
con Frank Wolff - Salvo Randone - Renato Pinciroli
Orso d'Oro al festival di Berlino 1962 e Tre Nastri d'Argento
Luglio 1950, a Castelvetrano, viene ritrovato il corpo senza vita di Salvatore Giuliano che, cinque anni prima, era entrato a far parte dell'esercito separatista, un movimento indipendentista mosso dal risentimento verso un potere centrale da sempre disinteressato ai problemi della Sicilia. Avanti e indietro nel tempo, passando per la strage di Portella della Ginestra, quando i banditi spararono sulla folla riunita per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni regionali, fino all'arresto di Gaspare Pisciotta, luogotenente di Giuliano, e al conseguente processo di Viterbo.
Lo scrupolo per la verità in sé, oggetto quasi alieno, chimerico, inavvicinabile, ha portato Francesco Rosi ad una modalità di racconto in cui gli elementi noti di una vicenda nodale della storia d'Italia sono esposti senza enfatizzazioni o forzature narrative. Quasi lo spettatore si trovasse a sfogliare un faldone prodotto da una commissione antimafia o immerso nella lettura di un articolo redatto dal giornalista più scrupoloso e capace in circolazione. Il come un film-inchiesta realizzato con tali premesse possa risultare tanto avvincente è legato ad una modernità espressiva che ha pochi uguali nel cinema degli anni Sessanta. Al massimo delle sue potenzialità artistiche, il regista napoletano mette a punto - insieme a Suso Cecchi d'Amico, Enzo Provenzale e Franco Solinas - una sceneggiatura dove il thriller, il documento e la ricostruzione si mescolano in maniera perfetta grazie ad un geniale gioco di flashback. Il tono evocativo con cui si mette in scena il passato, il filtro da servizio fotografico usato per il ritrovamento del corpo, l'ottica cronachistico-televisiva del processo di Viterbo risultano fusi in una struttura saldissima che non ha bisogno né di un intreccio né di un personaggio.